CIVITAVECCHIA – Per lo speciale sulla canapa industriale sul nostro territorio, abbiamo intervistato Cinzia Ingallina, Post-Doc presso la “Sapienza Università di Roma”, e Francesca Ghirga, Post-Doc presso IIT (Istituto Italiano di Tecnologia). Il mondo della ricerca e dell’università si sta mobilitando perché ha trovato nella riscoperta della canapa nuove e stimolanti basi di ricerca scientifica.
Dottoresse, in che modo l’università la Sapienza e il Dipartimento di Chimica e Tecnologia del farmaco, in particolare, si sono avvicinati al mondo della canapa?
“Uno dei limiti principali nello sviluppo del settore della canapa in Europa, come sottolineato dalla Commissione della Comunità Europea, risiede nella difficolta? di sviluppare filiere alternative a quella tessile, come ad esempio quella nutraceutica, cosmoceutica e farmaceutica. Nel 2007, l’Università degli Studi della Tuscia, in collaborazione con l’Associazione CanapaLive di Allumiere, ha avviato un progetto che prevede l’introduzione della coltura della canapa nell’Alto Lazio. In particolare, lo scopo della ricerca e? stato quello di verificare se esistono cultivars commerciali di canapa idonee ad essere coltivate nell’ambiente pedoclimatico laziale e individuare la tecnica colturale più adatta. Le cultivar selezionate sono state la Felina 32, Uso 31, Ferimon 12 da cui sono stati prodotti olio alimentare, farina e suoi prodotti di trasformazione come pasta, biscotti, latte e birra. Nel 2016 è iniziata la collaborazione con il Dipartimento di Chimica e Tecnologia del farmaco di Sapienza Università di Roma che, nell’ambito del progetto regionale e ALIERB-OPENLAB volto alla caratterizzazione e valorizzazione dei prodotti alimentari ed erboristici del territorio laziale, ha effettuato una serie di analisi sulle infiorescenze e sui prodotti della trasformazione della canapa coltivata nell’Alto Lazio. In particolare è stato monitorato il contenuto di cannabinoidi nelle infiorescenze a quattro diversi stadi di fioritura con lo scopo di monitorare sia il contenuto di THC sia eventuali variazioni della concentrazione di CBD nelle cultivars. È stata inoltre condotta una analisi merceologica e metabolomica delle infiorescenze e dei prodotti di trasformazione (olio alimentare, birra, farina) per studiare le proprietà nutrizionali degli alimenti derivati dalla canapa.
In cosa consiste il vostro progetto?
“Sulla base di queste considerazioni, l’idea progettuale che vorremmo sviluppare è quella di valutare le produzioni di infiorescenze e semi sulla base di prove di campo, eseguite presso l’azienda didattico-sperimentale dell’Università degli Studi della Tuscia, che valutino l’interazione di diversi fattori al fine di approfondire le conoscenze sugli effetti delle variabili ambientali e colturali, nonché delle eventuali interazioni con il genotipo, sulla produttività in cannabinoidi (e in particolare CBD) e seme. Il materiale raccolto durante il corso della sperimentazione sarà analizzato presso i laboratori del Dipartimento di Chimica e Tecnologie del Farmaco dell’Università della Sapienza. Pertanto, attraverso la collaborazione della ricerca in campo agronomico e chimico-analitico, sarà possibile selezionare una cultivar caratterizzata da un alto contenuto di CBD da estrarre e impiegare nella formulazione di prodotti farmaceutici e nutraceutici di elevata qualità”.
Quali sono gli obiettivi?
“Il progetto propone di riscoprire e rivalutare la canapa (Cannabis sativa L.) che è stata una coltura tipica dell’ambiente laziale, la cui coltivazione si è interrotta negli anni ‘70. Questa specie, infatti, offre nuove opportunità di crescita economica e di sviluppo sociale, in linea con le direttive ambientali europee, e allo stesso tempo conserva e tramanda la cultura locale. In particolare, il progetto si propone di individuare, attraverso un approccio di filiera sperimentale, dal punto di vista agroonomico, la corretta gestione della coltivazione della canapa industriale, nonché di migliorare le rese e, dal punto di vista chimico-analitico, di effettuare una caratterizzazione del prodotto al fine di valorizzarne le proprietà curative e/o nutrizionali. Dunque, lo sviluppo di tale progetto consentirà non solo lo spostamento dell’economia regionale verso produzioni a maggior valore aggiunto, ma anche l’inserimento della stessa sullo scenario competitivo internazionale, con particolare riguardo alla selezione e commercializzazione di semi”.
Quali sono i margini di sviluppo e di crescita del settore della canapa? Da un punto di vista della ricerca, quali opportunità intravedete nella canapa industriale?
“L’idea progettuale nasce dall’esigenza di sviluppare una strategia di lungo termine che favorisca la valorizzazione delle eccellenze nella ricerca e nell’industria attraverso processi di convergenza e di contaminazione intersettoriale. La scelta del settore della canapa industriale, un mercato industriale giovane, con un tasso di crescita annuo previsto del 20,3% nel periodo 2016-2020, è in linea con la pianificazione e la programmazione di uno sviluppo intelligente, sostenibile e inclusivo. Attualmente, la distinzione tra varietà di canapa a basso ed alto contenuto di tetraidrocannabinolo (THC) ha aperto nuove prospettive per la coltivazione di questa specie che può essere reintrodotta legalmente negli ordinamenti colturali e, anche in Italia, sta conoscendo un periodo di rinnovato interesse. I motivi nascono da esigenze agronomiche (necessita? di individuare alternative produttive alle grandi colture, sempre più eccedentarie), industriali (necessita? di reperire in loco la materia prima, sempre più richiesta a livello mondiale) ed ambientali (esigenza di introdurre colture richiedenti bassi input energetici, ecocompatibili). La filiera più attiva in Italia è sicuramente quella agroalimentare: i semi della canapa, un alimento nutraceutico, stanno giocando un ruolo chiave nella crescita del settore alimentare, in modo particolare nella produzione di alimenti a elevato contenuto nutrizionale (integratori, alimenti funzionali). La loro composizione nutrizionale è in linea con le diverse tendenze principali nella scienza e nella commercializzazione di prodotti alimentari, quali l’alimentazione vegana e celiaca, nonché il migliore impiego risulta essere quello nutraceutico nel caso di carenze associate a disfunzioni dell’assorbimento e metabolizzazione degli acidi grassi essenziali, e di prevenzione di numerose malattie a carico del sistema immunitario e circolatorio. La canapa contiene più di 500 sostanze fitochimiche identificate, di cui 104 sono cannabinoidi. Il principale componente psicoattivo è il D9-tetraidrocannabinolo (THC) mentre il cannabidiolo (CBD) è il costituente maggiormente studiato per i suoi potenziali effetti terapeutici. Negli ultimi anni l’interesse medico-scientifico è stato rivolto al potenziale terapeutico del CBD presente in concentrazioni comprese tra lo 0.5 e il 2% nella parte superiore della pianta. Il prezzo di mercato del CBD farmaceutico oggi si aggira tra i 20.000 e 30.000 euro al kg. Ad oggi i principali produttori farmaceutici di THC e CBD sono la britannica GW Pharmaceuticals, la tedesca THC Pharm GmbH e l’olandese Bedrocan, presenti sul mercato mondiale con formulazioni farmaceutiche a base di estratti di canapa. Di recente è stato introdotto sul mercato, dalla GW Pharmaceuticals, l’Epidiolex, una soluzione orale contenente CBD puro come principio attivo. La US Food and Drug Administration (FDA) ha permesso la conduzione di studi clinici di Epidiolex, destinato al trattamento di bambini affetti dalla sindrome di Dravet, grave forma di epilessia genetica resistente ai farmaci comunemente utilizzati. Si prevede inoltre che gli sviluppi in Europa seguiranno il trend degli Stati Uniti: in molti Stati degli USA un gran numero di prodotti a base di CBD sono disponibili, comprese tinture, estratti, gomme da masticare e altri prodotti pronti per l’uso, oltre a semi di cannabis per produrre piante di cannabis con alto contenuto di CBD”.
Ismaele De Crescenzo