“Indie” è un lemma di cui si usufruisce in ambito musicale per qualificare un’opera prodotta in modo, appunto, “indipendent”, ovvero senza l’ausilio o talvolta l’ostacolo di un’etichetta discografica. Recentemente, tuttavia, questo aggettivo ha assunto nell’uso comune una connotazione diversa, essendo utilizzato per definire quasi un genere musicale a sé stante, come una sorta di nuovo “alternative”. Sebbene i progetti che ormai si definiscono indie per il modo di suonare, pur avendo alle spalle etichette e grandi nomi, siano numerosi, c’è ancora chi si definisce indie perché effettivamente si produce in modo indipendente, rispettando il significato originario della parola. Nel panorama locale ne è un esempio Alessandro Gargiullo, che grazie all’uso di una modesta strumentazione e di una produzione in buona parte “casalinga”, ha dato vita al suo progetto “GARG”, caratterizzato da sonorità ruvide e decise in pieno stile indie.
Come è nato questo progetto?
“Il progetto è nato diversi anni fa, quando feci uscire il primo album, prima di subire una spiacevole battuta di arresto da cui mi sono ripreso qualche mese fa, riuscendo a pubblicare il mio secondo EP comprensivo di cinque brani: ‘Rivoluzione introspettiva’”.
Ci sono dei temi ricorrenti in quello che scrivi?
“Diciamo che c’è sempre un risvolto malinconico come costante, anche se ogni brano è diverso dall’altro, a partire da come prendono vita. Quello che conta nel mio processo creativo è l’idea, che parta dalla base musicale o dal testo, sicuramente ci deve essere uno spunto iniziale dal quale poi si origina tutto il resto. Una tematica ricorrente è quella della fine del rapporto sentimentale, perché secondo me rappresenta la fine di qualcosa e l’inizio di una nuova fase, come accadde in una rivoluzione: c’è una riscoperta, un cambiamento che parte in profondità e dà vita alla rivoluzione stessa seguendo un percorso induttivo”.
Hai dei messaggi precisi da comunicare o lasci che l’ascoltatore veda ciò che vuole nei tuoi testi?
“Entrambe le cose: è chiaro che io voglio sempre dire qualcosa, ma mi piace sapere che chiunque possa metterci del suo quando ascolta una mia canzone, magari interpretandola o riferendola ad un momento particolare della propria vita”.
L’aspetto della produzione come è stato curato?
“La produzione di questo album rispetto al primo è stata decisamente più accurata, perché essendo la seconda esperienza avevo già in mente un’organizzazione precisa da attuare. Alcuni li ho registrati direttamente io in studio; quelli che necessitavano degli arrangiamenti con la band invece, li abbiamo pre-prodotti a casa e poi registrati definitivamente in uno studio di Civitavecchia. La fase di arrangiamento è stata sicuramente quella più interessante perché ogni musicista ha dato il suo contributo attraverso il sound personale, senza però denaturalizzare il pezzo. Mi piace che i musicisti sentano il brano anche un po’ loro, altrimenti si ridurrebbero a dei mercenari che eseguono solo delle parti”.
Dai tuoi brani quello che emerge maggiormente è l’aspetto cantautorale; ci sono degli artisti a cui ti ispiri in particolare?
“Le mie influenze sono piuttosto eterogenee, non posso dire di avere pochi modelli precisi: accanto ai grandi della musica italiana cantautorale come Battisti, Gaetano e Venditti, mi sono lasciato ispirare anche dal panorama internazionale, soprattutto per le basi dal sound più rock che vedono le influenze di Guns and Roses, Pearl Jam, Led Zeppelin e anche qualcosa del punk classico come i Ramones e i Sex Pistols”.
Secondo te è facile superare la linea sottile che sta tra il farsi ispirare da un artista e lo scadere in una copia banale?
“Secondo me è piuttosto facile. Penso che la cosa migliore sia capire come conoscersi, come comprendere le proprie potenzialità e arrivare a sfruttarle al meglio. L’esperienza è tutto in questo caso, perché più si crea e più si acquistano un suono originale e una caratterizzazione personale che ti permettono di non copiare mai nessuno. Poi ovviamente ci vuole anche tanta sincerità: un artista deve essere credibile e parlare di ciò che vive e sente veramente. Se ci si racconta in modo onesto non si è quasi mai banali”.
Cosa ti aspetti da questo album?
“Non mi aspetto niente sinceramente. Voglio pubblicizzarlo con le mie possibilità e riuscire a farlo arrivare. Sicuramente il desiderio più grande è quello di suonarlo live quanto più possibile: io credo che una canzone abbia tante anime e ogni volta che il pezzo viene eseguito o riprodotto ne emerge una diversa”.
Cosa pensi della scena musicale locale?
“Io penso che di talenti ce ne siano tanti, però spesso questi soccombono di fronte all’esibizionismo. C’è veramente tanta invidia malsana tra chi suona, molti tendono a screditarsi a vicenda pensando di essere sempre meglio di qualcun altro. Si dà poca importanza alla musica e troppo peso all’immagine. Questo clima ovviamente non favorisce l’aggregazione e chi vuole suonare in giro deve sfruttare i propri contatti, non c’è molta solidarietà tra i musicisti e se c’è, è abbastanza ipocrita. Credo anche che le potenzialità della città stessa siano sfruttate male, se non trascurate completamente”.
Giordana Neri