CIVITAVECCHIA – Dal Dottor Giovanni Ghirga riceviamo e pubblichiamo:
“L’asma bronchiale è una di quelle malattie respiratorie croniche che potrebbero mettere a rischio i pazienti che ne soffrono nel caso in cui contraessero l’infezione da SARS-CoV-19 (1-4). Tuttavia, nonostante l’asma sia una patologia respiratoria molto frequente, circa 235 milioni di persone nel mondo sono affette da asma bronchiale secondo l’’OMS (5), i dati attuali in possesso della comunità scientifica internazionale non supportano il fatto che l’asma aumenti la probabilità di avere un’infezione più grave da SARS-CoV-2.
Uno studio che ha preso in considerazione le caratteristiche cliniche di 140 pazienti affetti da COVID-19, ricoverati in 7 ospedali a Wuhan (Cina) con polmonite, non ha riscontrato l’asma come comorbidità in nessuno dei pazienti (6). I dati relativi a 1.099 pazienti, con COVID-19 confermata in laboratorio, ricoverati in 552 ospedali cinesi, in 30 province, non hanno trovato l’asma tra i disturbi coesistenti (7). In Cina, la prima indagine a livello nazionale su un ampio campione e una importante rappresentazione delle regioni geografiche di tutto il paese, ha valutato sistematicamente l’impatto delle comorbidità sulle caratteristiche cliniche e sulla prognosi dei pazienti ricoverati per COVID-19; gli autori non hanno riscontrato l’asma tra le comorbidità (8). Un rapporto su 3.200 pazienti deceduti, positivi per SARS-CoV-2 in Italia, non riporta l’asma tra le malattie coesistenti (9).
Le ragioni per cui essere affetti da asma bronchiale, una malattia respiratoria cronica, non sembra aumentare il rischio di infezione moderata o grave da SARS-CoV-2, come accade invece con l’influenza, non sono note. Tuttavia, una analisi molecolare che ha preso in considerazione decine di migliaia di farmaci e sostanze naturali, al fine di valutare rapidamente la loro efficacia nel contrastare il virus della COVID-19, ha dimostrato che il montelukast, il formoterolo e il reproterolo, farmaci comunemente usati per la prevenzione dei sintomi dell’asma, potrebbero avere una attività antivirale (11,12); ulteriori esperimenti antivirali in vivo e in vitro devono essere comunque effettuati per confermare questa attività. Tuttavia, il montelukast insieme a una potenziale attività antivirale, possiede effetti antinfiammatori che si estrinsecano non solo bloccando direttamente i recettori dei leucotrieni, ma anche inibendo l’espressione di citochine e chemochine nei macrofagi (13).
Nella infezione da COVID-19 è molto difficile dimostrare un effetto protettivo degli steroidi somministrati per via inalatoria poiché, quando utilizzati in pazienti con malattia moderata o grave, non ne è stata dimostrata l’efficacia eccetto nei casi complicati da sindrome da distress respiratorio acuto (14).
In aree con una alta incidenza di persone infettate dal virus, i pazienti che soffrono di asma, sia che abbiano o non abbiano avuto sintomi indicativi di infezione da COVID-19, dovrebbero ricevere un test anticorpale e quelli positivi per SARS-Cov-2 dovrebbero essere studiati dal punto di vista della terapia che stavano assumendo. Un effetto protettivo del montelukast e/o del formoterolo o del reproterolo potrebbe essere così confermato o escluso.
In conclusione, ad oggi le persone affette da asma bronchiale non sembrano essere più a rischio delle altre nel caso contraggano l’infezione che causa la COVID-19. La possibilità che alcuni farmaci antiasmatici possano attenuare la gravità della malattia potrebbe avere un importante risvolto terapeutico”.
Dottor Giovanni Ghirga