In piazza a Venezia per abolire la caccia

caccia“Conserva la biodiversità, aboliamo la caccia” è lo slogan della manifestazione nazionale anticaccia organizzata da Lav – Lega Anti Vivisezione e altre associazioni alla vigilia dell’apertura generale della stagione venatoria fissata per la terza domenica di settembre: sabato 18 settembre, il corteo manifesterà a Venezia, capoluogo del Veneto, regione simbolica perché ad altissima densità di cacciatori. Per tutti i partecipanti l’appuntamento è alle ore 15:30 a Campo San Geremia (300 metri a sinistra uscendo dalla stazione di Venezia S. Lucia). 
“La caccia è la principale minaccia alla biodiversità – dichiara Massimo Vitturi, responsabile nazionale Lav settore caccia e fauna selvatica – benché il numero dei praticanti di questo contestato massacro legalizzato sia costantemente in diminuzione, il loro impatto è ancora fortissimo e gravissimo, mentre i più recenti sondaggi confermato che 7 italiani su 10 si sono dichiarati contrari alla caccia: un’esigua minoranza di persone armate ha il fucile puntato contro i nostri animali, gli animali di tutti gli italiani. Eppure la fauna selvatica è patrimonio indisponibile dello Stato. Invitiamo tutti i cittadini a partecipare alla manifestazione anticaccia di sabato 18 settembre a Venezia. Coloro che non potranno partecipare, possono comunque dimostrare la loro solidarietà ai circa 100 milioni di animali sterminati ogni anno in Italia e chiedere l’abolizione della caccia, inviandoci un breve messaggio a info@lav.it anche attraverso il nostro portale www.lav.it.
La caccia – prosegue Vitturi – oltre alla strage di milioni di animali, provoca: l’estinzione generale o locale di alcune specie e la rarefazione di altre; l’alterazione degli equilibri ecologici naturali; la diffusione di malattie come il saturnismo (avvelenamento da piombo degli uccelli che ingeriscono i pallini) e gravi sofferenze agli animali feriti. Sempre più frequenti gli incidenti con perdite anche di vite umane”.
Nel corso degli ultimi 20 anni, secondo i dati della Lav, il numero di cacciatori si è dimezzato passando da 1.500.986 (1988) a 751.876 del 2007 (Istat). La Toscana conta il maggior numero di doppiette (112.571) e, in generale, è il centro-nord del Paese ad ospitare circa il 70% dei cacciatori italiani. Sebbene i cacciatori italiani siano sempre più esigui, la densità venatoria (esprime il numero di cacciatori ogni  1.000 ettari di territorio) non è diminuita in modo significativo e negli anni 2000-2007 si è mantenuta costante sul valore di 40-42, a fronte di 57,25 nel 1988. “Ciò significa che – va avanti Vitturi – sebbene la popolazione dei cacciatori sia in netta diminuzione, la loro pressione sugli animali è aumentata a causa della costante erosione di territorio causata dalle attività di urbanizzazione. Sconfortante il dato sulla vigilanza venatoria, ovvero il numero di cacciatori che deve essere controllato da ogni agente della polizia provinciale: 246 cacciatori nel 2000, 260 cacciatori nel 2007; poiché una pattuglia di agenti è composta da due persone, vuol dire che ogni pattuglia deve controllare ben 520 cacciatori”
Tra le violazioni di legge commesse più di frequente dai cacciatori, sempre secondo i dati della Lav, troviamo: abbattimento di fauna non cacciabile, caccia con modalità diversa da quella prevista (es. mezzi non consentiti), caccia in Atc diversa da quella di residenza venatoria, caccia a distanza da abitazioni, strade o luoghi di lavoro, inferiore a quella prevista dalla legge, caccia con documenti non in regola, caccia con utilizzo del cane da riporto (non ammesso nelle giornate di preapertura). Nel 2008, secondo i dati diffusi dal Corpo Forestale dello Stato, i reati a danno della fauna selvatica autoctona (caccia, antibracconaggio e tassidermia) sono stati 1.136 (+ 0,4%) e 2.717 (-13,9%) gli illeciti amministrativi effettuati in base alla legge sulla caccia e antibracconaggio.
“La nostra legge sulla protezione della fauna selvatica (legge 157/92) – conclude Vitturi – presenta in particolare alcune criticità e le sanzioni in caso di violazioni sono irrisorie: la possibilità dei cacciatori di invadere i fondi privati contro la volontà del proprietario, la possibilità di fare strage di cuccioli e di femmine che covano, l’assenza di limiti fissi agli animali che ogni anno possono essere purtroppo sterminati. La regolamentazione sulla caccia rientra prevalentemente nella competenza delle Regioni che, demolendo i pochi limiti imposti dalla legge nazionale, approvano norme spesso filovenatorie, a causa delle quali l’Italia è già stata condannata ben cinque volte dalla Corte di Giustizia Europea, l’ultima volta nel luglio scorso per aver violato le norme che proteggono gli uccelli migratori”.