“Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.”
L’articolo 21 della Costituzione Italiana si trova nella Parte I che regola i “Diritti e Doveri dei Cittadini”, al Titolo I sotto la voce “Rapporti Civili” e recita esattamente così.
Purtroppo non sempre è andata così. Nel 1971 il giornalista napoletano Mauro De Mauro, dopo aver annunciato la scoperta di fatti e circostanze riguardanti il tentato “Golpe Borghese” e altri misteriosi eventi del periodo 1940-1971, scompare misteriosamente.
Nel 1979 il giornalista Mino Pecorelli, principale redattore della rivista “OP”, annunciava di essere in possesso di materiale “scottante” su un personaggio politico dalle iniziali G..A.. Pochi giorni dopo, il 20 marzo, Pecorelli viene assassinato.
La politica in Italia ha sempre temuto la stampa, ha cercato di intimorirla, delegittimarla, blandirla, alla fine è riuscita definitivamente ad acquistarla.
Ogni anno “Reporter sens frontière” (Rsf) pubblica la classifica mondiale della libertà di stampa. Innanzitutto va rilevato che pluralismo e libertà nella diffusione delle notizie non sono una prerogativa dei paesi più ricchi e sviluppati. Basti pensare che il Costa Rica precede in classifica gli Stati Uniti e diverse nazioni europee. L’Italia, a causa dell’irrisolto conflitto di interessi del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, si piazza al quarantesimo posto, superata da paesi latinoamericani come Ecuador, Uruguay, Paraguay, Cile ed El Salvador, oltre che da Stati africani come Benin, Sudafrica e Namibia.
Eppure quest’anno il premier il 4 maggio ha dichiarato a Roma che “se c’è una cosa che è sotto gli occhi di tutti” è che in Italia “c’è fin troppa libertà di stampa”. Forse era l’ennesima barzelletta del premier..
Quest’anno in Islanda la deputata Birgitta Jonsdottir (giovane e donna e senza un passato da soubrette) ha presentato una legge che va sotto il nome di “Icelandic Modern Media Initiative”. La norma in sintesi mira a fare dell’isola una vera e propria “roccaforte” per il giornalismo investigativo e per chi pubblichi in rete materiali coperti da segreto ma di interesse pubblico; copre tutti gli ambiti di attività di chi fornisce informazione. Dal rafforzamento del segreto professionale dei giornalisti per quanto riguarda le fonti, agli incentivi per gli informatori che vogliano denunciare episodi di corruzione in organizzazioni private e pubbliche, passando per l’immunità concessa ai fornitori di connettività Internet in relazione ai dati che scorrono nelle loro reti.
Mentre qui in Italia il Parlamento si confronta con la nuova legge sulle intercettazioni, al secolo “legge bavaglio” che mira a porre limiti mortali alla pubblicazione di documenti giudiziari, in Islanda il governo trasversalmente e unanimemente si fa scudo e alfiere dell’articolo 21 della nostra tanto bistrattata Costituzione.