CIVITAVECCHIA – “Abbiate fiducia nelle Forze dell’ordine, denunciate l’illegalità”. Questo il messaggio lanciato ieri all’Aula Pucci da Lirio Abbate, giornalista dell’Espresso a cui è stato consegnato il Premio “Libera informazione – Memorial Sandro Mecozzi”, giunto alla seconda edizione.
Una presenza illustre quella di Abbate, che avrebbe meritato certamente una miglior cornice di pubblico. Giornalista scomodo, per le numerose inchieste condotte sulla mafia e sul legame politica-criminalità, è stato l’unico redattore presente sul luogo al momento della cattura del capomafia Bernardo Provenzano e il primo a redigere la notizia dell’arresto con tutti i particolari del blitz raccontati in diretta. Insieme a Peter Gomez è stato autore del libro “I Complici … tutti gli uomini di Bernardo Provenzano, da Corleone al Parlamento” e, per le numerose minacce subite e dopo un attentato ai suoi danni sventato, vive ormai sotto scorta, come confermato dalla cospicua presenza di forze dell’ordine al suo arrivo in Comune.
“Fare giornalismo d’inchiesta, e farlo in modo libero, è un dovere morale che dovrebbe sentire ogni giornalista – il richiamo di Abbate nel corso del suo intervento – Perché oltre alle denuncia di quegli intrecci tra politica e criminalità che corrodono le istituzioni e la società, c’è una coscienza civile da tenere viva nella popolazione di questo Paese. Certo è evidente che non tutta l’informazione è libera in Italia. Anzi. Mi chiedo quante cose il Tg1 avrebbe potuto raccontare in questi anni se alla sua guida non ci fosse stato Minzolini. Vedo tuttavia che tra i cittadini c’è una crescente voglia di democrazia e partecipazione e il mondo di internet, dei blog e di facebook sta diventando un importantissimo strumento di informazione alternativa con cui prima o poi la Rai e Mediaset dovranno confrontarsi cercando di rivedere il proprio modo di fare giornalismo”.
Quindi una digressione anche sulla realtà locale, descritta ad Abbate da alcuni significativi interventi del pubblico. “Il Lazio non è ancora la Sicilia o il Mezzogiorno – ha evidenziato – ma rischia di diventarlo, perché la cultura mafiosa per cui di fronte ai problemi non ci si rivolge alle istituzioni o alle forze dell’ordine ma al potente che controlla il territorio si sta ormai radicando anche qui. Ed a questo occorre reagire, colpendo ciò che consente alla mafia di integrarsi con una comunità, ovvero l’omertà. Questo è un territorio ancora piuttosto vergine rispetto al pericolo di infiltrazioni mafiose ma su cui si stanno riversando milioni di euro di investimenti, di fronte a cui l’illegalità e la corruzione si gettano a capofitto. Ed allora bisogna avere il coraggio di parlare, di denunciare, avendo fiducia nelle Forze dell’ordine e nella magistratura”.
Il dibattito si è poi chiuso con la consegna del premio “Libera informazione” ad Abbate da parte della figlia di Sandro Mecozzi, Simona (nella foto), con gli organizzatori che hanno voluto così ricordare la figura del compianto professore: “Era una persona soprattutto onesta, dunque libera. Una di quelle persone di cui oggi a Civitavecchia si sente fortemente la mancanza”.