La campanella della ricreazione riprende a suonare dopo la pausa delle vacanze natalizie e, per tutti i ragazzi, giunge il tanto desiderato attimo di pausa per rilassarsi o, ancor meglio, sgranocchiare qualcosa. Magari la solita pizza. O il panino della mamma. O, peggio, una merendina alla moda arraffata frettolosamente in qualche supermercato! Niente di tutto questo per gli alunni della scuola primaria “Alceste Grandori” di Viterbo. Per loro, direttamente dalle mani delle insegnanti e dei bidelli, solo frutta e verdura fresche di prima qualità, rigorosamente di stagione e senza coloranti artificiali, provenienti da produzioni integrate o biologiche.
Questo grazie al progetto “Frutta nelle scuole” promosso dal Ministero dell’Istruzione in collaborazione con il Ministero delle politiche agricole e volto a sensibilizzare i ragazzi al consumo di alimenti sani e naturali, spesso dimenticati sulle tavole degli italiani. E al quale la dottoressa Clara Vittori, dirigente scolastico del II circolo didattico “Alceste Grandori”, non ha fatto mancare la sua adesione.
Spazio dunque, alla linea verde, con un calendario di somministrazione fitto e distribuito lungo gran parte dell’anno scolastico, da novembre a maggio. Le merende di frutta sono iniziate a novembre con l’uva, alla quale hanno fatto seguito a dicembre kaki e clementine e, cui si alterneranno, secondo le stagioni, mele, arance, pere, albicocche, ciliege e pesche; ma anche spremute, queste ultime servite fresche e appena preparate dal personale della ditta appaltatrice. Contro ogni previsione, poi, grazie anche all’elevata qualità dei prodotti e ad un contesto allegro e comunitario, i bambini manifestano un elevato apprezzamento. Largo alla frutta dunque, in una scuola che ha sempre più il pollice verde e che, non a caso, unica nella città di Viterbo, ha ritenuto di dover aderire ad un progetto che interviene direttamente sulle abitudini alimentari dei nostri bambini, invogliandoli a scoprire l’aspetto gustoso e salutare di prodotti meno artificiali di quelli a cui sono ormai anche troppo abituati.