“La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz, ‘Giorno della Memoria’, al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati”.
Il testo dell’articolo 1 della legge n. 211 del 20 luglio 2000 definisce così le finalità del Giorno della Memoria.
In questi 67 anni dall’entrata dell’Armata rossa nel campo di concentramento più tristemente noto del novecento il mondo è cambiato, spesso non in meglio, di popoli perseguitati se ne sono succeduti a iosa, di “ebrei” ce ne sono stati e ce ne sono: in Darfour, in Rwanda, in Zaire … in Palestina.
Quello che forse continua a sfuggire è che il Giorno della memoria non deve limitarsi ad essere la pietra lapidale di sei milioni di innocenti trucidati da una fede fanatica e demente, deve essere di più; deve farsi metafora del male terribile che l’uomo può scatenare sull’uomo, deve essere propedeutico a una presa di coscienza diversa sul nostro ruolo a questo mondo: noi ci stermineremo se continuiamo a pensare di contrapporre l’uomo all’uomo, se non cominceremo a vivere “l’uomo per l’uomo”.
Il 27 Gennaio più di molta retorica comandata dovrebbe essere, ogni anno, la spinta ad essere migliori.
Un invito infine dal nostro giornale lo vorremmo fare: spesso queste giornate associano la riflessione al dolore com’è normale che sia. Assieme alla riflessione su quanto tremendo può essere l’agire dell’uomo pensate anche a quanto può essere migliore: visitate una mostra, andate a trovare l’amico che fa volontariato, l’amica che presta servizio sociale, il genitore che onestamente lavora, passeggiate, pensate a quanto possiamo essere migliori, ogni giorno, e poi ricordate, ricordate sempre.
Simone Pazzaglia