CIVITAVECCHIA – No al referendum sulla vendita di Hcs. Questa la secca risposta del gruppo consiliare di Sel alla proposta lanciata nei giorni scorsi dal Consigliere comunale del Pd Stefano Giannini. Risposta che apre un nuovo fronte polemico all’interno della maggioranza.
“Nel merito – spiegano Giulio Agostini, Ismaele De Crescenzo e Patrizio Scilipoti (nella foto) – ci limitiamo a constatare come questa idea sia in evidente contraddizione con l’accordo sottoscritto con i sindacati, che è stato siglato su due premesse: la prima è che la municipalizzata rimanga sotto il controllo pubblico, la seconda che la cassa integrazione è stata concessa proprio sulla scommessa del rilancio dell’azienda così com’è adesso, appunto di proprietà comunale: la vendita farebbe venir meno tale presupposto. Per quanto attiene il secondo aspetto, riteniamo inaccettabile la forzatura che l’ipotesi referendaria sottende perché, oltre a contenere in sé un sottile ricatto, tende a contrapporre i lavoratori dipendenti con il resto della città, avvalorando la tesi di chi li dipinge tutti fannulloni, di fatto criminalizzandoli di fronte all’opinione pubblica”.
I tre consiglieri di Sel definiscono poi “pilatesca” la soluzione referendum , “poiché lascia al libero arbitrio dei cittadini una decisione che è invece responsabilità diretta degli amministratori eletti”.
“Respingiamo, quindi, questa che riteniamo una sorta di provocazione – concludono Agostini, De Crescenzo e Scilipoti – La vertenza Hcs va invece risolta dall’Amministrazione comunale, non è possibile scaricare sui cittadini una decisone così complessa”.
Non tarda tuttavia ad arrivare la controreplica di Giannini, che afferma: “La difesa del posto di lavoro, su cui sono assolutamente favorevole, non dovrebbe mai trasformarsi nella difesa del privilegio. Gli amici di Sel sanno bene che nel corso degli anni Hcs è divenuta per alcuni fonte inesauribile di questi privilegi, che mortifica e molte volte mette in secondo piano il lavoro dei tanti dipendenti onesti. Proprio per questo non trovo condivisibile quanto scrivono i colleghi in merito al ‘sottile ricatto o alla criminalizzazione dei lavoratori davanti l’opinione pubblica. Dire pervicacemente ‘no’, anche quando ci si limita a chiedere il parere dei cittadini in merito a quella che è ed è stata una degenerazione della politica, di certo non paga i milioni di euro di debito che ha l’azienda ed allo stesso tempo potrebbe sembrare proprio timore di quell’opinione pubblica tirata in ballo dagli alleati, i quali effettivamente trovano, cito testualmente, ‘scontato’ e dunque deludente il risultato di un eventuale referendum. Per questo faccio mio il loro richiamo al senso di responsabilità, respingendo al mittente le accuse di provocazione, e li invito ad una riflessione: la ‘difesa del fortino ad ogni costo’ rischia di mettere in difficoltà proprio quei lavoratori che vogliono proteggere, qualora l’azienda fallisca”.