Fin dalle prime civiltà della Terra, l’uovo è il protagonista privilegiato di miti molto complessi. Con la sua forma perfetta nella sua semplicità, ha suscitato da sempre una forte curiosità e un valore sacrale. Sotto il profilo biologico, è la più grande cellula visibile a occhio nudo che contiene tutte le informazioni genetiche necessarie per poter dar vita, se fecondata, a un nuovo essere. I suoi valori simbolici e semantici, dall’Uovo Cosmico generatore dell’Universo al beneaugurale uovo di Pasqua “con sorpresa” dipendono proprio dalla prerogativa unica di generare autonomamente la vita. In alcune credenze pagane il Cielo e la Terra erano ritenuti due metà dello stesso uovo, mentre in altre l´uovo cosmico è all´origine del mondo ed al suo interno avrebbe contenuto il germe degli esseri; questo perché l´allora inspiegabile nascita di un essere vivente da un oggetto così particolare ne fece un potente simbolo di fertilità magico. Considerate perciò oggetti dai poteri speciali, le uova venivano interrate sotto le fondamenta degli edifici per tenere lontano il male, portate in grembo dalle gestanti per scoprire il sesso del nascituro e le spose vi passavano sopra prima di entrare nella loro nuova casa. Con l´arrivo del Cristianesimo, molti riti pagani vennero recepiti dalla nuova religione, compresa la festività pasquale che cadendo tra il 25 marzo e il 25 aprile, sempre la prima domenica dopo il plenilunio dell´equinozio, richiama le festività primaverili per l´inizio del nuovo anno.
Ed ecco che le uova colorate di rosso scuro diventano simbolo del sangue del Cristo, complice la leggenda che vuole le uova contenute in un cesto tramutarsi in rosso intenso per confermare allo scettico discepolo Pietro quanto visto da Maria Maddalena al sepolcro di Cristo.
L´uovo diventa dunque simbolo della Pasqua cristiana come rinascita, ma questa volta non della natura bensì dell´uomo stesso: il guscio come tomba dalla quale Cristo uscì risorto.
L’UOVO NELL’ARTE
Diverse e antichissime le forme d’arte legate all’uovo come rappresentazione universale di resurrezione e di origine della vita. Dalle uova di struzzo dipinte dei corredi funerari punici di Sardegna e Spagna, risalenti al V e IV secolo a.C. alle “uova scritte” pyssanka, di una lunga tradizione popolare ucraina legata alla pasqua ortodossa. L’uovo di gallina bianco e liscio viene decorato con la tecnica del batik con un repertorio figurativo di croci, pesci, triangoli, greche, in cui paganesimo e cristianesimo si intrecciano armoniosamente. Ancora oggi regalare una pyssanka vuol dire regalare felicità e lunga vita.
Nella sterminata iconografia delle uova, la celebre “Pala di Brera”, capolavoro di Piero della Francesca, è il vero caposaldo della storia dell’arte. Nell’opera l’uovo-simbolo universale assume una rilevanza straordinaria. Collocato al centro esatto della pala, l’uovo è qui inteso come un complesso richiamo al dogma della verginità di Maria, rifacendosi alla storia di Leda, sposa del re di Sparta, dove si trovava appeso in un tempio un analogo uovo, che venne fecondata da Zeus sotto forma di cigno, e precorrendo la fecondazione di Maria tramite i raggi divini emanati dalla colomba dello Spirito Santo. L’ovale è poi replicato dal volto della Madonna, mentre tiene il Bambinello in posizione giacente, chiara prefigurazione del destino mortale conseguente all’incarnazione. L’uovo dunque, contiene in sé l’alfa e l’omega delle sorti umane, e come tale è simbolo pasquale per eccellenza.
Il 1885 segna l’inizio della realizzazione di una collezione di un giovane gioielliere: Pierre-Karl Fabergè Dalla prima opera, commissionata dallo zar Alessandro III, un uovo di gallina smaltato che si apre e offre alla vista un tuorlo aureo che contiene una gallinella d’oro dagli occhi di rubini, Fabergè, nominato poi fornitore ufficiale della casa imperiale, realizza fino al 1917 circa cinquanta opere, oggi in esposizione presso il Museo Fabergè di Baden Baden. La borghesia del novecento farà propria l’usanza di regalare uova con sorpresa sostituendo ai preziosi non commestibili, il cioccolato fondente che poteva essere lavorato con l’ausilio dei primi stampi di metallo, ma mantenendo l’uso della sorpresa all’interno. Si va così affermando, a partire dalla prima metà del XIX secolo l’uovo di Pasqua della moderna tradizione.
L’UOVO IN CUCINA
L’uovo è anche alimento primordiale, che grazie alla sua versatilità ha saputo ritagliarsi un grande spazio in cucina. Forse cucinato per la prima volta in camicia ad un banchetto di Trimalcione, è sicuramente un grande amico di tutti gli Chef. Oltre a poter essere preparato in mille modi, gioca un ruolo fondamentale in innumerevoli ricette, dall’antipasto al dolce, e utilizzato come naturale coadiuvante, legante, stabilizzante, emulsionante, strutturante ed emolliente. Già nella “Scienza in cucina” dell’Artusi è riconosciuto il valore delle uova come ingrediente chiave e garante della completezza e della buona riuscita di molte pietanze. Un alimento che sa essere protagonista e insostituibile gregario, in grado di intrecciare i propri sapori con quelli di numerosi altri ingredienti. Le uova più utilizzate sono senz’altro quelle di gallina, ma piccole leccornie servite spesso al momento dell’aperitivo o in vari antipasti sono quelle di quaglia, dal guscio puntinato di scuro. Quelle di fagiano, piccole e poco utilizzate, hanno il guscio leggermente rosato e un sapore che ricorda quello del salmì. Le uova di faraona, si consumano prevalentemente sode o barzotte. Le uova di pavoncella, le più rare, si contraddistinguono perché il tuorlo non rassoda mai mentre l’albume resta trasparente, ma indurisce moltissimo con cotture prolungate. Di maggiori dimensioni le uova di tacchina, oca e anatra che oltre ad essere le più saporite hanno il tuorlo più grande rispetto all’albume. Infine le uova di struzzo che per la loro grandezza e la resistenza del guscio vengono spesso impiegate come oggetti ornamentali. In cucina però si comportano come le normali uova di gallina ricordandone il sapore e utilizzate per gigantesche frittate.
Dal semplice uovo all’ostrica, sistemato delicatamente su un cucchiaio e condito con sale e pepe, alle preparazioni più complesse, sono infiniti i modi per essere servite, da sole o accompagnate da prodotti dell’orto, di sottobosco, carni, pesci o formaggi. Quale vino sarà dunque possibile abbinare? Per fortuna siamo lontani da indesiderate pungenze solforate che un tempo costringevano i Sommelier a sostituire il bicchiere ad ogni sorso. Oggi un abbinamento, seppur ancora sconsigliato da alcuni testi che si rifanno ad antichi pregiudizi, è possibile con vini caldi e morbidi di moderna concezione, avvolgenti e caratterizzati da persistenza gusto-olfattiva pulita e senza cedimenti. Vini bianchi secchi delicati, preferibilmente giovani e dotati di buona freschezza e di semplice struttura andranno benissimo per le preparazioni semplici: uovo alla coque, barzotto, sodo, affogato e in cocotte. Per le altre pietanze bisognerà tener conto anche degli elementi complementari, privilegiando comunque vini morbidi e di buona freschezza, con un tenore alcolico contenuto, e una P.A.I. importante.
L’uovo da cibo antichissimo, si è appropriato ai nostri giorni, di una connotazione attualissima di cibo global in quanto consumato in tutto il mondo, e cibo-commodity per eccellenza. Si conserva a lungo anche se non refrigerato, è sempre a portata di mano, si prepara in pochissimo tempo e non ha orario, prestandosi alla prima colazione, a un piatto unico da brunch o a uno spuntino after hours. Un alimento che dietro un’apparenza umile nasconde un concentrato di virtù senza eguali.
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