TARQUINIA – “Se non conoscessi più che bene il Sindaco di Tarquinia, si potrebbe credere ad un miracolo, un ripensamento sul tema dell’autostrada, una specie di denuncia a SAT per non aver rispettato i patti.
La realtà è che ciò che Mauro Mazzola dice sui comunicati è solo un abbocco per chi è ancora disposto a credergli, gli altri decodificano immediatamente il linguaggio e capiscono ben altro.
Vale la pena ricordare che il progetto della Tirrenica è stato denunciato dal sottoscritto fin dal primo giorno in cui è arrivato in consiglio comunale, perché lesivo del diritto alla mobilità dei cittadini e utenti della SS Aurelia e privo di opportunità di lavoro per il territorio, in quanto la SAT poteva affidare i lavori “in House” senza gare d’appalto, grazie alla concessione ottenuta dal CIPE.
Alla promessa di 80000 posti di lavoro sparati da Antonio Bargone, non è seguita infatti alcuna prospettiva di lavoro, il Lotto 6A ne è la dimostrazione: i lavoratori impiegati sono quasi tutti dipendenti di ditte collegate a SAT, mentre le ditte locali rimangono a guardare.
Non si può certo dire che l’affidamento alla Società LB di Tarquinia per lo spostamento dell’acquedotto per l’irrigazione, sia stato un grande risultato dell’accordo sui lavori a Tarquinia!
Se qualcuno leggesse nel comunicato stampa del Sindaco una denuncia aperta su come sono state affidate le commesse sull’autostrada sarebbe fuori strada.
Dopotutto come credergli visto che le denunce dei comitati relative allo stato indecente della viabilità esistente, alla devastazione del territorio, alla beffa dell’affidamento esclusivo a SAT dei lavori senza gare d’appalto, lui non le ha mai raccolte.
Ha preferito rivendicare il potere del suo ruolo politico verso il Presidente della SAT, nonché commissario governativo della Tirrenica, Antonio Bargone, a cui dice di aver scritto fiumi di lettere.
Ma se da una parte prometteva migliaia di posti di lavoro, dall’altra consentiva alla SAT di evitare costi per infrastrutture importanti per il territorio. Nel 2010, il Sindaco di Tarquinia, nonostante l’appello accorato di un’ intera comunità che chiedeva di fissare nella conferenza dei servizi la realizzazione di un ponte sul fiume Mignone e l’adeguamento della viabilità, assolutamente insufficiente per il traffico pesante e dei mezzi agricoli, ha consapevolmente evitato di inserire le prescrizioni che oggi condannano il territorio a rimanere senza una viabilità adeguata alternativa alla defunta SS Aurelia.
Oggi si lamenta con la SAT per non aver dato lavoro, per aver lasciato il territorio senza viabilità, ma chi vuole prendere in giro?
Ci sono esposti alla procura di Civitavecchia e al Prefetto di Viterbo, anche un ricorso al TAR Lazio che sarà discusso il prossimo 9 luglio, che denunciano l’inadeguatezza della Litoranea come strada alternativa all’autostrada.
Ebbene Mazzola non ha mai alzato un dito, ha permesso che i lavori sulla Litoranea procedessero ai minimi termini, accontentandosi di un ritocco estetico, piuttosto che sostanziale, ed ha tollerato i restringimenti sulla SS Aurelia che hanno reso pericoloso il tratto dell’ Aurelia che riguarda Tarquinia.
La grande responsabilità politica sull’autostrada non è certo, soltanto del Sindaco, ma della maggioranza che lo sosteneva, che lo sostiene anche adesso, di tutti i consiglieri che nel tempo si sono succeduti, anche di quelli che nel frattempo hanno cambiato bandiera, ma che non potranno, certo sfuggire al giudizio della storia.
Il risultato è che l’autostrada oggi è ferma perché non ci sono i soldi per pagare gli operai, mentre le ditte si pentono amaramente di aver dato credito ai lavori dell’autostrada perché sono finiti i soldi.
E Antonio Bargone piange! minaccia di dare le dimissioni senza spiegare bene se da commissario governativo, o da Presidente della SAT, chiede soldi pubblici per il completamento dell’autostrada, come se gli Italiani gli avessero mai chiesto di farsi scippare la SS Aurelia per farla diventare un’autostrada a pedaggio, per poi pagarla due volte, una con il pedaggio l’altra con gli aiuti di Stato.
Siamo ancora nella repubblica delle banane, dove la politica millanta la realizzazione di grandi opere con investimenti privati per farsi autorizzare, poi a metà dell’opera pretende soldi pubblici per pagare le ditte che nel frattempo non sono state pagate, e che per questo rischieranno di fallire”.
Marco Tosoni