Con “Dolce Amaro”, Asl in campo per la gestione del diabete infantile

diabete infantileCIVITAVECCHIA – I successi della medicina occidentale hanno debellato la maggior parte delle malattie causa di morte dell’ultimo secolo ma, paradossalmente, si trova in difficoltà con le malattie croniche, con quelle malattie che non può curare e che si deve limitare a gestire, come il diabete. E proprio per una migliore gestione del diabete infantile è nato il progetto “ Dolce Amaro”, presentato stamattina all’Hotel San Giorgio di Civitavecchia. La Asl Rm F, con il patrocinio della Regione Lazio e la collaborazione di Lilly, azienda farmaceutica dalla tradizione centenaria e leader nella cura del diabete (è stata infatti la casa farmaceutica a mettere in commercio la prima insulina della storia), ha presentato questa mattina il progetto che da qualche anno ha attivato circa il diabete infantile di tipo 1 ad opera di un team diabetologico multidisciplinare formato da medici di base, diabetologi, endocrinologi, dietisti, psicologi, assistenti sociali e pediatri, con l’obiettivo di migliorare la comunicazione tra i vari organi preposti alla presa a carico del problema, garantendo un percorso diagnostico-terapeutico completo ed efficiente che comprenda gli interventi sull’ambiente familiare e il contesto sociale, scolastico e sportivo, mirando ad un coinvolgimento diretto del paziente. Ad una prima fase di individuazione delle criticità dell’Azienda, la Asl ha fatto seguire una seconda fase di formazione a cui, a breve, farà seguito una fase applicativa. Il progetto, che prevede una nuova struttura dedicata alla diagnosi ed alla terapia del diabete giovanile, una terapia farmacologica, un’educazione alimentare e un supporto psicologico attraverso un approccio multidisciplinare, nasce da un bisogno di assistenza e di ottimizzazione delle risorse disponibili poiché il diabete infantile è diverso da quello adulto e con questa diversità occorre fare i conti, così come bisogna fare i conti con i costi di gestione di questa malattia cronica che ha degli indotti sociali enormi in termini di ore lavorative perse, di costi gestionali familiari, e via dicendo. Con il consolidamento del progetto si stabilizzerà anche un risparmio economico-sanitario-sociale per le famiglie e l’Azienda. “Occorre un cambiamento di mentalità degli operatori sanitari, necessitiamo di un confronto che faccia crescere l’Azienda”, dichiara il direttore generale Salvatore Squarcione. “Servono tempo e risorse umane”, dichiara la dott.ssa Maria Rita Donà, dirigente medico Uoc Medicina, Ospedale “Padre Pio”. Punta sulla gestione integrata nel territorio la dott.ssa Anna Rita Mattera, dirigente psicologo Sert della Asl Rm F: “Bisogna formare anche il corpo docente, occorre seguire i bambini della fase di outing della malattia, anche grazie allo psicologo che faciliterà la comunicazione. Un ruolo importante – continua la dott.ssa Mattera – è quello delle associazioni perché chi vive la patologia in prima persona presta un contributo essenziale ai fini dell’ottimizzazione della cura perché gli operatori sanitari, per empatici che possano essere, non arriveranno mai ad un livello di immedesimazione tale da eguagliare chi vive la patologia sul proprio corpo”. “La finalità dell’approccio psicologico – dichiara la Dott.ssa Gianna Regoli, dirigente psicologo Uoc Servizi diretti alla persona, Asl Rm F – è la riduzione del vissuto di diversità e l’integrazione dell’autogestione della cura”. Ma tra i tanti interventi degli illustri medici e ricercatori, la testimonianza forse più significativa è stata quella di una mamma, dell’associazione Adiciv, Lucilla Manna, che ha reso evidente come il diabete infantile non sia solo una patologia da medicalizzare, quanto invece sia una sofferenza sempre presente che coinvolge non solo il bambino malato, ma tutta la famiglia e la rete sociale che lo circonda: “Abbiamo bisogno della garanzia della continuità delle cure perché il difficile comincia quando si esce dall’ospedale, il difficile è fare cinque controlli glicemici al giorno e quattro o cinque somministrazioni di insulina al giorno, ogni giorno. Il diabete c’è sempre – continua la toccante testimonianza – ventiquattro ore al giorno, dal diabete non si guarisce ed è difficile spiegarlo ai bambini, il diabete c’è sempre in ogni aspetto della loro vita sociale, bisogna impostare uno stile di vita al cui centro vi è la gestione del diabete. Tutta la famiglia si ammala e la difficoltà è quella di cercare la normalità nelle cose più banali come una festicciola di compleanno o una partita di pallone durante un pomeriggio al parco. È difficile spiegare al bambino la sua malattia e il fatto che non si possa guarire pesa come un macigno – conclude la signora Manna – per certi genitori scoprire la malattia del figlio è come vivere una nuova nascita perché bisogna riorganizzare tutta la vita della famiglia”.
La patologia del diabete di tipo 1 ha un’incidenza totale in aumento, è particolarmente frequente tra gli 0 e i 14 anni con un picco in aumento tra i 2 e i 4 anni. Fino ai 15 anni di età negli ultimi 15 anni di monitoraggio c’è stato un aumento della patologia di 15 casi in più ogni 100.000 persone, mentre fino ai 10 anni l’aumento è di 18 casi ogni 100.000 persone, con un aumento di spesa per i ricoveri di circa 100.000 euro tra il 2009 e 2010, ma grazie alla sensibilizzazione nelle scuole si è riusciti a ridurre dal 78% al 18% la degenerazione in chetoacidosi. “Dolce Amaro” si propone di continuare su questo percorso, non solo per abbassare ancora di più l’insorgenza delle complicanze, ma anche di sensibilizzare e formare le componenti sociali a contatto con il bambino diabetico, nonché il piccolo paziente stesso, che arriverà ad autogestire la sua condizione grazie agli strumenti specifici che gli verranno dati durante il percorso.

Francesca Ivol