C’erano una volta le aquae caeretanae che erano le terme più calde d’Italia di Arnaldo Gioacchini

CIVITAVECCHIA – Dallo scrittore Arnaldo Gioacchini riceviamo e pubblichiamo

Le ultime notizie certe sulle famose Aquae Caeretanae ce le dette il noto scrittore e medico antico romano Celio Aureliano (V° secolo p. C. n.) sostenitore dell’idroterapia, il quale dichiarò che si trattava “delle acque termali più calde d’Italia”, mentre precedentemente lo storico e geografo greco Strabone (n. 60 a.C. n. m. 21 p. C.n.) nel suo De Geographia aveva scritto che “Erano talmente famose da essere più popolate della stessa Caere”. Sulle Aquae vi è anche da ricordare ciò che annotò lo storico antico romano Tito Livio (n. 59 a.C. n. m 17 p. C. n.) nella sua Ab Urbe Condida (una monumentale storia di Roma a partire dalla sua fondazione) “Nell’anno tra i vari prodigi ci fu quello delle acque ceriti miste a sangue”. Dopo Aureliano questo sito (esteso per circa 7 ettari !) che è molto bello, fu completamente obnubilato scomparendo dai “radar della storia” per circa 1500 anni e ciò addirittura fino al 1987 del secolo scorso. Fra coloro che le cercarono inutilmente vanno sicuramente annoverati, agli inizi del milleseicento dopo Cristo, i due ritenutissimi geografi e storici tedeschi Philippus Cluverius (Filippo Cluverio) e Lucas Holstenius (Luca Olstenio) che “mappando” i siti e le pertinenze territoriali della Roma antica cercarono inutilmente le suddette Aquae Caeretanae che sono poste in una gran bella e molto ampia realtà ambientale scarsamente urbanizzata,posta a 300 mt. di altitudine e dominante il mare, nomata Pian della Carlotta, nella quale scorre pure, fra gli alberi e di fianco alle Aquae, anche un delizioso pulitissimo ruscello. Tutto ciò fino a giungere alla fine del 1986 quando nella zona di Pian della Carlotta, in prossimità della località del Sasso, nel territorio di Cerveteri, a seguito (dicono) di una aratura effettuata con un trattore dal proprietario del terreno fu segnalata, alla Soprintendenza Archeologica dell’Etruria Meridionale, un’ampia presenza di particolari cocci e frammenti (per l’esattezza frammenti fittili, di marmo, di vetro e numerosissime tessere policrome di mosaico che erano sparsi su una grande superficie). Una cosa questa che “accese i riflettori”alla stessa Soprintendenza la quale, all’epoca, aveva come responsabile per il litorale e la zona retrostante l’archeologa d.ssa Rita Cosentino che comprese subito che si era in presenza di una realtà molto importante ma non arrivando ancora a pensare alle famose Terme Ceretane. Iniziati i lavori di ricerca affiorarono subito alcune soglie in marmo e proseguendo negli scavi archeologici, a cinque metri di profondità, furono rinvenuti i resti di due grandi vasche, quelle del calidarium e del tepidarium circondati da ben tre file di sedili in marmo, ma non solo, visto e considerato che sotto una volta brillavano dei gran bei mosaici con le loro rispettive tessere in pasta vitrea di colore blu, verde, giallo, nero e rosso a disegnare un’esplosione di fiori su campo bianco ed insieme a ciò fu rinvenuta una decisiva colonnetta votiva con su scritto: “A Giove e alle fonti delle acque ceretane”. Fra l’altro dagli scavi emersero pure un bustino muliebre somigliante ad una Faustina ed un pezzo di sedile con su una zampetta di leone ed inoltre furono scoperti, lungo le pareti, dei tubi di terracotta che recavano l’acqua calda per riscaldare gli ambienti. Una realtà, come fu scritto “di dimensioni e livello artistico decisamente eccezionali rispetto allo standard degli insediamenti noti nella zona”. Insomma il mistero delle Aquae Caeretanae scomparse per secoli (con un grande cruccio da parte degli studiosi di mezza Europa) era stato risolto con la “riemersione”, dai gangli della storia antica, del calidarium e del tepidarium,di colonne, mosaici policromi, marmi di giallo antico e di Carrara con il tutto “condito”, stando alle cronache dell’epoca, da una gran bella polla di acqua sulfurea che rendeva acre l’aria tutto intorno. Ma gli scavi dettero pure altre indicazioni a seguito del ritrovamento di tracce di legno bruciato e di vari detriti alluvionali; il segno, come dichiarò l’archeologa d.ssa Rita Cosentino, all’epoca responsabile di Zona della Soprintendenza Archeologica dell’Etruria Meridionale : “… che furono distrutte dai Visigoti di Alarico o da una violentissima alluvione”. Ma, dopo ciò, le ricerche archeologiche si fermarono per mancanza di fondi tanto è vero che, considerando come erano normalmente strutturate le terme romane, all’appello mancano ancora (come minimo, visti i settantamila metri quadri di estensione) il frigidarium, gli spogliatoi e la palestra. Attualmente il Gruppo Archeologico del Territorio Cerite – onlus ha avuto dalla Soprintendenza Archeologica il permesso di ripulitura e lo sta facendo con la stessa équipe operativa che ha già sistemato, in maniera eccellente, l’area sepolcrale del Laghetto al Sito UNESCO della Banditaccia a Cerveteri. Zona del Laghetto che contiene le tombe etrusche più antiche di tutto il pianoro risalenti addirittura all’epoca villanoviana (IX°/VIII° secolo a.C.). Ed a proposito della fama internazionale di cui godono le Aquae Caeretanae, chi scrive ben ricorda, essendo stato ben presente, quando l’ispettore UNESCO il famoso prof. Giora Solar ( che chi scrive conobbe molto bene ed al quale consegnò ben 300 foto effettuate delle sue due ispezioni nelle quali lo accompagnò all’area archeologica etrusca di Cerveteri, quella che diverrà da lì a poco – 2 luglio 2004 – Sito UNESCO Patrimonio Mondiale dell’Umanità) nella caldissima giornata del 23 luglio 2003 dopo aver ispezionata tutta l’area archeologica del pianoro della Banditaccia (area archeologica fra le più estese al mondo) espresse, proprio alla d.ssa Cosentino, il desiderio di andare a visitare le Aquae Caeretanae, cosa che la suddetta archeologa, con molto “tatto”, riuscì intelligentemente a “sventare” dirottando tutta la piccola delegazione sulla molto più “abbordabile” Ceri sempre molto antica e sempre di origine etrusca. Sicuramente la Cosentino ricordava il poco presentabile status strutturale degli scavi alle Aquae, visto che gli ultimi interventi risalivano a prima del 1990 e lì finirono a causa della solita, culturalmente “tragica”, mancanza di fondi. Comunque rimane il fatto incontrovertibile che, ancora sepolta sotto terra, oltre alle situazioni succitate (frigidarium, spogliatoi, palestra) vi è tutto il grande impianto urbano cittadino legato alle Terme come (lgs. nell’incipit di questo articolo) ha scritto Strabone. Dimenticavo di dire che oltre al calidarium ed al tepidarium furono riportate alla luce (distanti da essi una settantina di metri poste sulla loro destra guardando il mare) due piccole stanze (dei vestiboli?), unite fra loro da un breve corridoio a gomito, dove furono rinvenute molte spille femminili per capelli e poi assolutamente più nulla con tutto il resto, come suddetto, ancora da riportare, e chissà quando e se, alla luce del sole, anche se le ultime notizie ci dicono (notoriamente però fra il dire e il fare passa, come minimo, un certo lasso di tempo) di uno stanziamento ad hoc fatto dalla Soprintendenza Archeologica al fine del completamento degli scavi, come a dire ancora di circa i tre quarti di tutta l’area interessata, staremo a vedere se ciò si realizzerà.
* Membro del Comitato Tecnico Scientifico dell’Associazione Beni Italiani Patrimonio Mondiale