CIVITAVECCHIA – Dallo scrittore Arnaldo Gioacchini riceviamo e pubblichiamo
Piuttosto di recente, nel 2013), sono state rinvenute alle porte di Bari alcune migliaia di impronte di dinosauro, cosa quella che mi da l’occasione per parlare di un argomento, appunto quello dei dinosauri, che mi ha sempre stimolato nelle ricerche, soprattutto sul fatto che in Italia, anche a causa della sua evoluzione geologica, questi rettili (ancora più esattamente i sauropsidi diapsidi – ndr) non sono mai comparsi, ma andiamo per ordine come merita l’argomento. Alcuni anni fa, in occasione dell’ennesimo ritrovamento nel cuore dell’Africa di enormi resti fossili di quelli che, per vari decine di milioni di anni, furono straordinari abitatori del nostro pianeta, mi volli togliere lo “sfizio” culturale di informarmi sul perché spesso in Africa o in Asia si effettuassero tali rinvenimenti e ciò non avvenisse o fosse mai avvenuto nel nostro Paese. Partendo dalle notizie basiche appresi che i dinosauri apparvero sulla faccia della terra circa 230 milioni di anni fa (verso la fine del Triassico) per poi espandersi nel Giurassico e nel Cretaceo (siamo intorno a 65 milioni di anni fa), tutte ere geologiche durante le quali la nostra attuale Penisola si riteneva fosse completamente sommersa dal gran mare Tetide, motivo per cui gli studiosi della materia rivolsero le loro attenzioni scientifiche altrove. Ma nel 1940 però vi fu un punto di svolta in proposito in quanto fu effettuato il primo ritrovamento in Italia concernente un “dino”, si trattò esattamente di una orma fossile rinvenuta sul Monte Pisano, un’orma che fu datata come risalente all’incirca a 220 milioni di anni fa, un’impronta attribuibile ad un piccolo dinosauro carnivoro. Per circa mezzo secolo non si rinvenne più nulla, fino ad arrivare al 1988 quando si pensò di approfondire le ricerche sui cosiddetti “Lavini di Marco” nella zona di Rovereto dove vi è un grosso affioramento di rocce sedimentarie, una zona cosparsa di un migliaio di buche, note fin dal medioevo, che erano coperte dalla terra e dall’erba, le quali una volta rimosse, si accertò che invece di buche si trattava di orme fossili di dinosauri carnivori ed erbivori di 190 milioni di anni fa (Giurassico) che avevano calpestato quella che all’epoca doveva essere una piana di marea. In verità vi era stato un ritrovamento effettuato nel 1980 da un raccoglitore di fossili a Pietraroja in provincia di Benevento ma,in questo caso, si dovette attendere ben fino al 1993 quando finalmente fu esplicitato che si trattava del primo rinvenimento fatto in Italia di uno scheletro fossilizzato di dinosauro, quello di un “infante” di dimensioni estremamente contenute. Per quanto riguarda il ritrovamento di veri e propri scheletri di dinosauro adulti fino ad oggi ne sono stati ritrovati solo altri due: uno, frammentarizzato, fra il 1980 ed il 1996 vicino a Trieste, un precursore (fino ad allora mai tipizzato) della specie dei dinosauri a “becco d’anatra” e poi l’ultimo nel 1996 a Saltrio in provincia di Varese e qui si è in presenza dei resti di un dinosauro carnivoro della lunghezza di circa otto metri. Per il resto si sono ritrovate solo delle impronte come nel caso di Altamura (Bari) nel 1999 con migliaia di esse risalenti al Cretaceo, o come a Sezze (Frosinone) ed Esperia (Latina) nel 2006 (impronte di dinosauri carnivori medio grandi e piccoli) ed ancora nel 2007 con altri rinvenimenti di impronte fossili fatti a Coste dell’Anglone nel Trentino Alto Adige. Ma la regione più prodiga di ritrovamenti di impronte è senz’altro la Puglia che ci ha offerto rinvenimenti in varie aree di ben 14 diverse città. E qui veniamo alla scoperta effettuata dal paleontologo Marco Petruzzelli, specializzato in icnologia, ovvero quella branca della paleontologia che studia le impronte fossili degli animali, il quale nel 2013 in una cava in disuso nella località Lama Balice, che è sita alle porte di Bari ad un chilometro dall’aeroporto, ha rinvenuto una sorta di “giacimento”, su una superficie stimata intorno ai 3.500 metri quadrati, di orme di dinosauro (circa 10.000 con una densità di 4 ogni mq !) risalenti al Cretaceo, come se si trattasse di una sorta di “pista” battuta dai “dino” sia erbivori che carnivori. C’è da aggiungere che anche nel 2005 in una grotta di Capaci (Palermo) si rinvenne un osso di dinosauro. E sono stati soprattutto questi ritrovamenti effettuati nel sud Italia che hanno fatto rivedere le teorie degli anni novanta nel senso che il gran mare Tetide forse non aveva “allagato” del tutto il territorio della lontana futura Penisola e che, prima nel Giurassico dall’Africa e poi nel Cretaceo dall’Eurasia, i dinosauri vennero, più o meno tranquillamente, a “passeggiare” sul suolo italico andando a calcare letteralmente e storicamente il loro passaggio.
*Membro del Comitato Tecnico Scientifico dell’Associazione Beni Italiani Patrimonio Mondiale