“Caro Ministro, io non so cosa raccontare ai miei genitori sul mio futuro”

la sapienzaCIVITAVECCHIA – La scuola è un momento fondamentale nella vita di una persona, la sua istruzione e formazione rappresenta circa un terzo dell’esistenza, un altro terzo rappresenta l’inserimento nel mondo del lavoro e la creazione di una stabilità (anche affettiva)  e la fase della maturità. Il resto è invecchiare.
Un terzo dell’esistenza dunque, quello in cui progettare e coltivare speranze è più che un vezzo: è un dovere; quello in cui si collezionano le esperienze che formano come adulti, quello in cui si diventa cittadini, si mette la propria vita su una strada. Una parte lunga ed intensa in cui ci si forma, si impara a scuola, all’università, a confrontarsi col mondo e col prossimo, con tutto ciò che è ultroneo.
Il capitolo “riforma scolastica” è sempre stata una partita aperta in Italia: varie linee di pensiero, ma sempre un quesito che non lascia dormire: si può investire a fondo perduto, anzi a lunga scadenza? Perché la formazione non è un investimento speculativo, non garantisce rientri immediati, non fa quadrare i conti: non è il suo ruolo, però crea cittadinanza attiva, crea persone, forma alla vita e nell’arco di un po’ di tempo, se si ha il coraggio e l’intelligenza di credere nella formazione e nell’informazione, rende un paese un posto migliore dove vivere.
La riforma del ministro Gelmini, al di là delle cifre che mette sul piatto che di per sé sono agghiaccianti, mostra un’impostazione di pensiero che preoccupa e sgomenta: quella che la formazione pubblica, la cultura di tutti, sia un privilegio, un lusso che non ci possiamo più permettere in tempo di crisi: in tempo di crisi si rifinanzia la guerra in Afghanistan (ci si perdonerà se non la chiamo missione di pace) ma si taglia la scuola, la si rende un po’ più simile al Paese: povera, egoista, senza futuro.
Per fortuna però c’è un’Italia che se gli rubi il futuro ha ancora la forza di indignarsi, un’Italia che sfida la diabolica macchina della disinformazione sotto il cui tallone questo Paese confonde il falso col vero da ormai troppo tempo e sale sui tetti, si riappropria dei luoghi d’arte, arriva fin dentro il Parlamento.
In questi giorni Maria Stella Gelmini è apparsa centinaia di volte in tv, parlamentari sono saliti sui tetti ed hanno avuto per questo risonanza incomprensibile; noi molto modestamente vorremmo ascoltare la parte in causa, quei ragazzi che si sono mobilitati spontaneamente, regalando a questo Paese che forse neanche se lo merita, una (speriamo lunga) stagione di speranza e dissenso costruttivo. Su quei tetti e in quelle assemblee li sentiamo più vicini che mai.
Federico è un ragazzo civitavecchiese di poco più di venti anni che si impegna, in tutti i sensi, nello studio e nella sua partecipazione attiva al mondo che scorre attorno a lui. E’ presente in questi giorni ad assemblee e cortei.

Federico, che facoltà frequenti?

“Facoltà di Architettura della Sapienza di Roma, la vecchia, visto il riordino del rettore che solertemente ha applicato il DDL Gelmini effettuato circa due mesi, Ludovico Quaroni per intenderci, al quarto anno di Architettura U.E.”.

Vi siete mobilitati? In che modo?
“La facoltà di Architettura, in entrambe le sue sedi, ‘Valle Giulia’ e ‘Quaroni’, è stata fin dall’inizio, circa due anni fa quando tutto questo è cominciato, in prima linea contro questa “non riforma” dell’Università. Le iniziative sono state tantissime in questi due anni e più frequenti in questi ultimi due mesi; si è proceduto con Assemblee di ogni tipo, facoltà, corso di laurea, specifiche per i singoli insegnamenti, sempre con la piena disponibilità del corpo dei ricercatori, dei professori a contratto e anche dei nostri vecchi saggi, gli ordinari; moltissimi sono stati i cortei e cosa che spesso ci ha contraddistinto, ed ora tutti si aspettano, la nostra creatività di architetti. Due anni fa mettemmo in vendita l’obelisco di Piazza del Popolo per provare a racimolare qualche fondo da donare al Ministro Tremonti, le lezioni d’Architettura in strada lungo il tridente di via del Corso, poi il flash mob alla Stazione Termini e tante altre ancora, per finire con la presa del Colosseo ed il lancio di aereoplanini di carta, non armati, nell’ingresso del Senato, solo pochi giorni fa. Ultimissima abbiamo occupato l’intera Facoltà, con l’esclusione della sola sede di Fontanella Borghese, per rispetto dei nostri Ricercatori che su quel tetto portano avanti la loro battaglia. Un’occupazione che andrà avanti fino al 5 di dicembre; dopo si vedrà il da farsi perché da noi l’intera Roma si aspetta molto e per questo cerchiamo di rispondere con una mobilitazione in continuo mutamento, nei modi e nella qualità e nei tempi”.

Come vivi la protesta, come collabori alle proposte?

“Beh, sono preso da quello che mi sta accadendo intorno e ogni ora di ogni giorno spendo parole per spiegare perché non mi piace questa riforma, ad amici, colleghi, anziani, lavoratori, a lezione, in metro, sul treno, sul tram… ovunque e puntualmente ricevo apprezzamenti sul merito delle mie contrarietà. Ho il diritto di essere arrabbiato con questo Ministro e con questo Governo perché stanno svendendo il mio futuro. Sulle collaborazioni, il mio apporto è 1/7000 (7000 ca. è il numero di iscritti ad Architettura), insieme siamo la forza, l’Onda che tutto travolge e porta via con se. Ogni giorno sono in contatto con i Rappresentati in Consiglio di Facoltà e con gruppi di amici che so essere organizzati; partecipo, nei limiti dell’essere un pendolare, alle riunioni, e quando c’è da decidere difficilmente mi astengo… prendo sempre posizione”.

Raccontaci il tuo ricordo della partecipazione

“Tantissimi sarebbero gli aneddoti sulle mobilitazioni, certo che come è iniziato è un’altra storia. Era ottobre ed una grande Assemblea di Ateneo era stato convocata per quella mattina sul piazzale della Minerva, c’erano tutti, anche chi non ti saresti mai aspettato di vedere. Quella Assemblea serviva per informare gli studenti di ciò che il Ministro Gelmini stava preparando per la nostra Università e di come il Magnifico Rettore Frati, all’insaputa di tutti e con largo preavviso, proprio in quel momento stesse facendo votare un documento in Senato Accademico pro riforma. Alla manifestazione ero accompagnato da un mio amico di Mediazioni Linguistiche e dalla sua ragazza tedesca, che parla benissimo l’italiano. La cosa che mai mi dimenticherò è l’incredulità sulla faccia, di questa ragazza, nell’ascoltare cosa i nostri amministratori stavano preparando per noi e la faccia tosta di Frati che intervenendo all’Assemblea rivendicava la bontà dei propri intenti”.

Un commento su quello che sta succedendo


“La politica dell’attuale Governo, con poche differenze, prima si chiamava Moratti ora Gelmini, che da circa 8 anni vede la Scuola, l’Università e la Ricerca come una sola spesa da ridurre al massimo di ogni possibilità ha un unico scopo: deligittimare l’Istruzione Pubblica per accrescere il bacino di quella Privata, ed i continui integri di finanziamento a quest’ultima sono un esempio. Si vuole introdurre nel nostro Paese, in nome dell’efficenza e del capitalismo, come se Michelangelo quando scolpì il Mosè contrattò con la pietra per non farlo sudare, un sistema d’istruzione sulla stampo statunitense solo per gli introiti, per rendere ancor più diseguale la forbice che divide chi è ricco è può tutto e chi è bravo ma non ha niente. L’unica mia speranza è che se passasse definitivamente questo DDL, la Corte Costituzionale potrebbe riconoscergli pregiudizio di incostituzionalità nei confronti dell’art 34 della Carta Costituzionale, che si pensa, il DDL, di arricchire”.

Cosa diresti al ministro Gelmini?


“Cara Ministra, lei ha avuto un’istruzione che le ha permesso di conseguire una laurea, successivamente lavorare e dopo molto, molto tempo diventare un Ministro della Repubblica… io che futuro ho??? Quando i miei insegnanti, persone con cui condivido ore ed ore delle mie giornate da un giorno all’altro non lavorano più perché non ci sono soldi per pagarli; quando vado a lezione e con fatica sto in piedi ad assistere ad un corso con altre 300 persone in un aula piccolissima e con un solo docente; quando mi è stato detto che con la mia laurea non avrei mai potuto esercitare la professione o addirittura cosa proibita solo pensare di insegnare, perché non poteva essere assicurato il regolare svolgimento del corso di studi e che facevo meglio ad andarmene dall’Italia se volevo laurearmi! Mi dica lei come si sentirebbe, quando vede i propri genitori che con mille difficoltà hanno fatto di tutto per mandarti a studiare, anche se sono costretti ad alzarsi alle cinque del mattino, mai un segno di tensione sul loro viso, sempre col sorriso sulle labbra perché lo fanno per il bene del figlio, e da un giorno l’altro il loro figlio, quello su cui hanno investito una vita intera, gli racconta che le cose stanno cambiando e non è più così certa la sua laurea! Mi dica lei cosa farebbe se si trovasse nei panni di quel figlio, perché io sono in quei panni e non so cosa raccontare ai miei genitori sul mio futuro”.

 

Simone Pazzaglia