CERVETERI – Un j’accuse durissimo quello del consigliere comunale Juri Marini, che nell’annunciare le sue dimissioni dal Partito democratico e dal gruppo consiliare del Pd, si scaglia con accuse al vetriolo contro il Sindaco Gino Ciogli e la dirigenza dell’ormai suo ex partito. Di seguito il suo intervento integrale.
“La degenerazione politica cui stiamo assistendo ha toccato livelli inimmaginabili. Le liti infinite e inconcludenti all’interno dell’amministrazione e del Pd, partito di maggioranza relativa, i continui inciuci, il disinvolto scilipotismo in salsa cerveterana, riconsegnano un’immagine indecente e irresponsabile del governo della città. Una politica ripiegata su sé stessa, supina alle logiche di una “casta” ingolfata da tatticismi esasperati, incapace di offrire alcuna programmazione, di immaginare un futuro diverso, ma incapace anche di risolvere i più banali problemi quotidiani. Rispetto alle grandi aspettative della vittoria elettorale del 2008, un totale e clamoroso fallimento. Nel Pd, ci avevamo messo l’anima in questa avventura. Nottate intere alla ricerca di una sintesi fra sensibilità e culture politiche diverse. Un’attenzione quasi maniacale ai dettagli, che significavano garanzie reciproche. Poi è arrivato, preceduto dalla fama di eccelso amministratore, colui che doveva rappresentare, insieme, la sintesi e la garanzia di quel percorso. Sembrava un quadro pressoché perfetto. Ed invece, ad essere perfetto, era il “delitto” che ne sarebbe seguito: premeditato, studiato nei minimi particolari. Vittime predestinate: il Pd, la politica sana, democratica, trasparente, e di conseguenza l’intera città. Per l’esperto professionista della politica è stato un gioco da ragazzi smontare pezzo per pezzo tutto quello che nel Pd, e per il Pd, si era riusciti a costruire. Attraverso accordi segreti, promesse personali e la classica macchina del fango, è riuscito ben presto a mettere un gruppo contro l’altro, scegliendo meticolosamente chi premiare e chi emarginare. Senza apparenti e plausibili motivazioni. Un gioco perverso, con risultati straordinariamente efficaci: la fidelizzazione assoluta dei primi e la rottura profonda, fino ai rapporti personali, con i secondi. Ma questo era solo l’inizio, perché le parti, come si è capito solo in seguito, erano facilmente intercambiabili. Nel momento in cui i primi hanno preteso di contestare al Sindaco decisioni non condivise, questi li ha ripudiati senza tanti complimenti, con una disinvoltura da far rabbrividire. E il gioco si è ripetuto, tal quale a prima, ma a parti inverse. Nuovo gruppo di fedelissimi, e quindi nuovi accordi personali, nuove promesse, per cavalcare altri obiettivi, altri interessi. Con le solite conseguenti feroci discussioni e accuse reciproche all’interno del partito. Grazie a questa continua e meticolosa disgregazione del Pd, l’esperto professionista della politica, sostenuto e difeso dai fedelissimi di turno, si è garantito le mani libere, per fare dell’amministrazione ciò che voleva, quando voleva, secondo quanto aveva già deciso, da tempo, e da solo. Ma cos’è che avrebbe poi realizzato di così importante? L’elenco delle cose fatte è un desolante foglio in bianco: dopo oltre tre anni e mezzo, nessuna “prima pietra” è stata ancora posata. Progetti importanti, alcuni dei quali potrebbero rappresentare una boccata d’ossigeno per la città in termini di sviluppo e occupazione, continuano a rimanere “in itinere”, a causa di una serie interminabile e ridicola di errori, distrazioni, ritardi. Come se l’esperto amministratore avesse improvvisamente dimenticato l’Abc della sua professione. Troppe strane coincidenze che, insieme al silenzio assordante sul Referendum della frazione marina e i suoi “larghissimi” e ingiustificabili confini, lasciano emergere inquietanti interrogativi. Non contento, ha poi perseverato nella scientifica umiliazione del partito, orchestrando ingombranti invasioni da destra all’interno dell’amministrazione. Personaggi ben lontani dal Pd, ma tutelati direttamente dal Sindaco, e messi in condizione, senza voler entrare nel merito del lavoro svolto, di poter conquistare posizioni di privilegio per una preventiva e martellante campagna elettorale. Basti pensare alla straordinaria vetrina politica della Presidenza del Consiglio, in quota Udc, e mai messa in discussione; oppure alla delega al turismo e all’assessorato alla cultura (!) regalati ad un consigliere in quota Pdl, in cambio del suo voto; o, ancora, all’assessorato ai Lavori Pubblici, che ha portato un amico dell’Udc a conquistare numerose pagine di giornale; presenza costante che fa il paio con quella della delegata plenipotenziaria, di nuovo in quota Pdl, che vanta, a differenza di altri assessori, fondi importanti e straordinari per i suoi interventi. E di fronte a tutto ciò, il partito tace. Se non è un suicidio politico questo! Ma il gruppo dirigente Pd dei Rinaldi, dei Travaglia, degli Umberto Badini e compagnia bella, continua a difendere supinamente questo Sindaco, incurante dell’ulteriore inasprimento del conflitto interno al partito. E mentre ieri si garantiva almeno il diritto al confronto, per quanto duro, oggi arrivano addirittura alla prevaricazione delle più basilari regole democratiche e statutarie. Come con l’istituzione della nuova Commissione di Garanzia, scelta e nominata direttamente dal Segretario, e incredibilmente sottratta al voto del Direttivo. È come se Berlusconi si scegliesse i giudici fra i suoi compari. E volendo, di analogie col berlusconismo se ne potrebbero trovare tante altre: dal “ghe pens’ mi” di un Sindaco dittatore e inconcludente, agli inciuci di palazzo, dallo scilipotismo, al morboso attaccamento alle poltrone, dalla macchina del fango, all’emarginazione di chi non si piega al volere del padrone, fino addirittura alle minacce di espulsione per chi osasse votare contro il bilancio. Un quadro desolante, che ha letteralmente stravolto, a livello locale, tutti quei principi e quei valori che il Pd dovrebbe invece rappresentare. E non ci si può stupire se numerosi iscritti e simpatizzanti continuano ad allontanarsi, stufi, delusi, indignati. È per tutto questo che, nell’assemblea di giovedì scorso, ho rassegnato infine le mie dimissioni dal Direttivo del Pd locale e dal Gruppo consiliare, per altro accolte con grande soddisfazione dal Segretario e dai suoi amici. Evidentemente, per qualcuno, ero io il problema, con le mie idee, i miei interventi, le mie battaglie politiche, e magari, adesso che ho tolto il disturbo, quella logora gerontocrazia autoreferenziale che è rimasta a rappresentare il partito, potrà finalmente lavorare in pace, senza più bastoni fra le ruote. Ma senza neanche più scuse: possono cacciare chi vogliono e fare tutti gli inciuci che preferiscono, ma sarebbe davvero indifendibile se poi, restando aggrappati al potere e alle poltrone, fedeli e supini esecutori delle impuntature di un Sindaco sempre più solo, invece di dare risposte alla città, finissero per trascinare a fondo quel che resta del Pd e di questa Amministrazione, riconsegnando la città nelle mani dell’ennesimo commissario prefettizio”.