Il 5 per mille ormai non esiste più. E’ dei giorni scorsi, infatti, la “sorpresa” legislativa inserita nella Legge di stabilità approvata in prima battuta dalla Camera che limita la 100 milioni di euro i fondi da destinare come contributo spontaneo degli italiani alle associazioni di volontariato, con una riduzione almeno del 75% rispetto all’importo dell’anno precedente. Tale ulteriore taglio si aggiunge a quelli effettuati al bilancio della cooperazione internazionale italiana, ai contributi alle istituzioni internazionali che aiutano i paesi in via di sviluppo e a quelli per la ricerca scientifica, universitaria e sanitaria.
Questi tagli si ripercuoteranno significativamente sull’operatività delle organizzazioni del terzo settore, che hanno dimostrato una professionalità molto elevata, oggetto di apprezzamento in Italia e all’estero, tanto per dirne tre: Amnesty international Italia, Greenpeace Italia ed Emergency.
Tagliare i fondi a disposizione del “5 per 1000” significherebbe anche limitare drasticamente la libertà dei cittadini di decidere come destinare la propria quota dell’imposta sui redditi direttamente a sostegno degli operatori del terzo settore.
Il cittadino italiano è stato difatto vessato da una nuova tassa: d’ora in poi egli può liberamente disporre – al massimo – dell’1,25 per mille in termine di aiuti alle ong (o alla ricerca); il resto se lo prende il Governo.
Nella prima bozza della Finanziaria era stata abolita addirittura in tronco la possibilità per ogni contribuente di devolvere una piccola parte del gettito fiscale a enti no profit. L’esecutivo ha deciso di reinserire l’opzione ma il succitato tetto fissodei 100 milioni di euro contro i 400 degli anni passati sembra veramente uno schiaffo, un modo vile per mettere le mani in tasca ai contribuenti, reindirizzando cioè fondi che erano indirizzati a tutt’altra voce. Saranno così le associazioni di volontariato, i centri di ricerca e gli enti no profit (oltre 55 mila quelli accreditati) a procurare denaro allo Stato.