E’ iniziato ieri il processo a carico di Geert Wilders, il leader dell’estrema destra olandese accusato di incitamento alla discriminazione e all’odio razziale. La prima udienza si è tenuta ieri ad Amsterdam in un’aula assediata dai cronisti tra misure di sicurezza imponenti. Un’udienza alquanto breve in quanto l’esponente di punta del Partito della Libertà ha chiesto la possibilità di ricusare i giudici poiché ritenuti “non imparziali”; richiesta che sarà esaminate oggi da una Camera indipendente.
A portare alla sbarra Wilders, reduce da un forte successo elettorale alle ultime elezioni di giugno in cui ha conquistato il 15% dei consensi e in procinto di un appoggio esterno al governo di centrodestra, le sue ripetute e discusse dichiarazioni all’indirizzo dei cittadini stranieri residenti in Olanda, con particolare riferimento ai cittadini di religione islamica. Tra queste l’invito ad arginare “lo tsunami dell’islamizzazione che sta colpendo il nostro cuore, la nostra cultura e la nostra identità” e del suo filmato anti-islamico diffuso su internet “Fitna” in cui si paragona il Corano al “Mein Kampf” di Hitler e si associano alcuni versi alle immagini degli attentati delle Torri Gemelle.
“Non ho fatto altro che esprimere il pensiero di migliaia di olandesi – si è difeso Wilders davanti alla stampa e al giudice – processare me significa processare quel milione e mezzo di persone che la pensa nel mio stesso modo”. Nessuna ritrattazione dunque delle dichiarazioni che lo hanno portato in Tribunale, ma quasi una sfida ai giudici e ai suoi avversari politici per vedere, magari in caso di condanna, fino a che punto l’Olanda estremista è disposta a seguirlo.