“Con i formaggi di latte di pecora prodotti dalla società Lactitalia in Romania e ‘spacciati’ con marchi che richiamano al Made in Italy come Toscanella, Dolce Vita e Pecorino, fanno business lo Stato e i fratelli Pinna a danno degli allevatori e degli altri industriali della Sardegna che hanno scelto di continuare a produrre nell’Isola”. E’ quanto afferma la Coldiretti nel commentare la notizia che la società Lactitalia è posseduta al 29,5 per cento dalla Simest controllata dal Ministero dello Sviluppo economico e per il 70,5 per cento dalla Roinvest con sede a Sassari con amministratori, tra gli altri, Andrea Pinna che è vicepresidente del Consorzio di Tutela del Pecorino Romano e Pierluigi Pinna che è consigliere dell’organismo di controllo dei formaggi pecorino Roma, Sardo e Fiore Sardo Dop che dovrebbero promuovere il vero pecorino e combattere la concorrenza sleale e le contraffazioni.
“E’ inquietante – sottolinea il vice direttore della Coldiretti Ermanno Mazzetti – che vengano usati soldi pubblici per un investimento che non utilizza prodotto e lavoro italiano, nè a livello agricolo nè industriale, ma che a differenza fa concorrenza sleale alle vere produzioni Made in Italy a vantaggio di un unico imprenditore impegnato in un business che contribuisce a mettere in ginocchio i pastori e gli industriali che producono vero pecorino romano. La presenza di prodotti di imitazione del pecorino Romano sui mercati internazionali è la principale ragione del calo del 10 per cento delle esportazioni dei formaggi di pecora Made in Italy con la quale viene motivata una insostenibile riduzione dei prezzi riconosciuti agli allevatori in Sardegna dove un litro di latte viene addirittura pagato solo 60 centesimi, in calo del 25 per cento rispetto a due anni fa”.
“I cinesi di Prato con i materiali importati di bassa qualità danneggiano nel tessile il vero Made in Italy come nell’alimentare lo Stato italiano fa con il pecorino che produce in Romania e “spaccia” con marchi che richiamano il Belpaese” dichiara invece il Presidente della Coldiretti Leonardo Michelini a commento dell’articolo pubblicato dal New York Times sulla comunità cinese di Prato che con la sua intensa produzione di articoli di vestiario ha offuscato la distinzione tra “Made in Italy” e “Made in China”. “L’alimentare, insieme alla moda – prosegue – è il settore del Made in Italy che più soffre della concorrenza sleale delle imitazioni sui mercati internazionali, tanto che si stima un fatturato del Made in Italy taroccato a tavola sul mercato mondiale pari a quasi 60 miliardi di euro, tre volte superiore a quello delle esportazioni del prodotto alimentare originale”.