La massa che non si aspettavano

manifestazioneROMA – Nessun incidente, nessun ferito, nessuna provocazione. Solo un fiume di gente giunta a Roma da tutta Italia che ha attraversato la Capitale sotto un cielo plumbeo come il presente e il futuro di questo Paese. Ma con uno squarcio di azzurro che a più riprese, tra uno sgrullone di pioggia e l’altro, si è aperto sopra le teste dei partecipanti a simboleggiare che non tutto è perduto, che la lotta in difesa dei diritti, unita, decisa e straripante, può ancora garantire una speranza ai cittadini lavoratori italiani. Bando alle ciance: il corteo organizzato dalla Bando alle Fiom ha riversato a Roma una folla immensa; difficile stabilire quanti erano con esattezza e scatenare una inutile guerra dei numeri; ma di certo una folla simile non si vedeva in piazza da quella oceanica adunata in difesa dell’articolo 18 organizzata dalla Cgil nel 2002. E viene da sorridere a ripensare a come il Ministro Maroni, giovedì sera, nel servizievole salotto di Bruno Vespa ha dissertato con boriosa aria di sufficienza sui partecipanti di oggi, prevedendo 30-40.000 persone. Chissà quante volte avrà chiamato le Forze dell’Ordine quest’oggi sperando che gli comunicassero numeri esigui; ma soprattutto che gli comunicassero incidenti, assalti, incursioni e devastazioni date per sicure due giorni fa, quando ha scatenato con parole dissennate un clima di tensione che un Ministro dell’Interno che si rispetti avrebbe dovuto semmai scongiurare. Non ha previsto le devastazioni dei tifosi serbi, ha toppato vergognosamente sull’allarme infiltrati al corteo della Fiom: non si capisce quali siano le capacità di questo Ministro condannato con sentenza definitiva per resistenza a pubblico ufficiale… E qualche moccolo, anzi tanti, devono averli tirati in serata anche Bonanni e Angeletti, pronti a crocifiggersi in televisione per assalti alle sedi di Cisl e Uil che non ci sono stati e obbligati anche a non poter sminuire i numeri a 6 zeri della giornata odierna. Cifre impensabili e impossibili per le piazze delle loro sigle. Una vera umiliazione per loro, insomma, dopo che negli ultimi mesi hanno pensato di poter mostrare i muscoli. Muscoli che oggi si sono di sicuro sgonfiati, perché la massa scesa in piazza a Roma ha dimostrato che in condizioni di autonomia di pensiero, senza ricatti padronali e senza licenziamenti coatti, il popolo dei lavoratori non esita a condannare le politiche di sfruttamento messe in atto in questi ultimi anni dalla santa alleanza Governo-Industriali con beneplacito di Cisl e Uil. Non esitano a condannarle i lavoratori ma nemmeno gli studenti, i pensionati, gli insegnanti, i precari, i semplici cittadini che lottano per la difesa dei diritti… Non esitano a condannale le migliaia di giovani e giovanissimi presenti a Roma, stanchi di una politica e di un Governo che per loro sa offrire solo talent show, reality, concorsi per veline e di bellezza. Perché  la più rigenerante realtà emersa oggi dalle vie della Capitale è stata proprio la fusione in un unico e unitario magma di storie, rivendicazioni e mobilitazioni differenti tra loro, ma saldate da quell’irrinunciabile richiamo all’articolo uno della nostra Costituzione, da più parti richiamato in slogan, cartelli e striscioni, che ci ricorda come l’Italia sia una Repubblica fondata sul lavoro. I padri costituenti vollero scriverlo proprio nel primo articolo affinché nessuno lo potesse mai dimenticare…

Marco Galice