Tagli alla sanità, tagli all’istruzione, tagli alla spesa sociale. Tagli su tutto, perché la spending review ce lo impone. Eppure sugli stipendi di manager e dirigenti si continua a non risparmiare, senza mettere un freno ad una proliferazioni di contratti che rappresentano oggi il vero scandalo della politica italiana; ciò che, reiterandosi negli anni, ha portato gli enti locali a perenni conti in rosso e al rischio dissesto in ogni angolo del Paese. Eppure, di fronte ad una società divorata dalla crisi, alla disoccupazione drammatica che attanaglia l’Italia, in particolare quella giovanile, a suicidi sempre più dettati dalla disperazione del momento, a salari in nero di poche migliaia di euro che talvolta rappresentano per molti diseredati l’ancora di salvezza al cospetto della fame, sembra che nelle istituzioni non vi sia nessuna remora né politica né tantomeno morale di fronte a retribuzioni dirigenziali a sei zeri; che continuano ad essere elargite con disarmante tranquillità.
Per rendersene conto, a puro titolo esemplificativo, basta dare un’occhiata ad un Bollettino ufficiale qualunque della Regione Lazio (dove gli scandali e gli sperperi negli ultimi anni non si può dire certo che siano mancati). Un esempio, preso assolutamente a caso, nel magma di provvedimenti varati dalla Pisana: la Deliberazione 1 luglio 2014, n. 412 che ha per oggetto “Conferimento dell’incarico della Posizione dirigenziale individuale di studio e ricerca. Approvazione schema di contratto”, pubblicato sul Burl n° 55 del 10 luglio 2014”. Schema di contratto che prevede “una retribuzione annua omnicomprensiva pari a euro 155.294,23, oltre la retribuzione di risultato così come determinata dal C.C.D.I. vigente nel tempo”.
Tutto legale, tutto lecito, perché si tratta di una retribuzione basata su contratti e tabellari nazionali. Ma è proprio questo il punto: ci si trincera dietro strumenti di legge consentiti per evitare di mettere mano ad un uno dei più odiosi privilegi della casta italiana. Allo scandalo degli scandali; all’ingiustizia delle ingiustizie. Si allargano le braccia, di fronte allo sconcerto che può suscitare uno stipendio annuo di 155.000 euro in un operaio che lavora 8-10 ore al giorno, arrivando sì e no a retribuzioni dieci volte inferiori e senza uno straccio di contributi. Ci si difende, come farà sicuramente anche la Regione Lazio, sostenendo che non è colpa della Pisana se sono previsti questi stipendi, eppure si continua a dare linfa al perverso e insostenibile sistema. Il più classico, squallido e devastante degli atteggiamenti italici dal Dopoguerra ad oggi. Quello che ci ha portato alla corruzione morale e politica, al baratro sociale. Nel frattempo la rabbia monta, il Paese affonda, la gente non sopravvive; anche per questo.
Marco Galice