Mala Tempora currunt.
Mentre gli italiani si anestetizzano, ognuno secondo le proprie possibilità intellettuali, o con “X factor” o con “Vieni via con me”, nel mondo reale, extracatodico, accadono cose leggermente diverse da una bella canzone e da un rassicurante, mediamente di sinistra, elenco.
E’ entrato in vigore il “collegato al lavoro”, in gergo tecnico legge 183. Cos’è? Semplicemente un colpo di baionetta nel corpo dei lavoratori.
Scompare, di fatto, perchè reso non obbligatorio, l’istituto della conciliazione, sostituito dall’arbitarto che, in via stragiudiziale, dovrebbe risolvere le controversie in materia di lavoro.
Questo vuol dire che la magistratura viene totalmente espulsa per fare spazio a santi e santoni che in virtù di un microcorso (troppi ce ne sono stati negli ultimi tempi)decideranno di dispute che per delicatezza e complessità avrebbero bisogno di ben altro e maggiormente qualificato mediatore.
Ma l’arbitrato, che in realtà penalizza l’attore debole dei contratti di lavoro a vantaggio dei datori, è solo l’inizio … della fine.
La norma prevede che, ad esempio, si possa lavorare anche a 15 anni e che l’anno di lavoro tra i 15 e 16 anni possa essere valido ai fini dell’assolvmento dell’obbligo scolastico.
Come dire: “ma che ci vai a fare a scuola, vai a lavorare, che è meglio!”.
Questa parte della norma infrange almeno una decina tra trattati internazionali e indicazioni delle Nazioni Unite. E vabbè che l’isola di Tonga è messa meglio di noi sul piano dell’etica, ma il diritto all’istruzione dovrebbe essere garantito da una piccola cosa che si chiama carta costituzionale …
Altra perla del “collegato al lavoro” è quella che ci dice che “altri soggetti” potranno praticare l’intermediazione del lavoro, come, ad esempio, enti bilaterali e (udite udite) siti web.
Basta che non ci sia scopo di lucro, ovvero che non si faccia pagare l’intermediazione.
Nessuno però vieta che all’azienda che ricerca personale, ufficiosamente e mai ufficialmente in cambio del servizio, venga venduto un banner salatissimo ad uso “pubblicitario”. L’intermediazione, in teoria, è no profit. Tutti vivono con la tasca piena e la coscienza tranquilla.
La domanda è, può un sito web, dietro al quale noi non sappiamo chi realmente ci sia, trattare una materia tanto delicata e con tante implicazioni, sociali ed umane, come il lavoro? E gli enti bilaterali, cosa sarebbero? Bilaterali tra chi? Tra datori di lavoro e disoccupati? E chi parlerebbe a nome dei disoccupati?
Io vedo solo una gran massa di squali gettarsi sull’affare.
Vedo una lenta discesa che parte dall’idea di dignità del lavoro, che passa al lavoro come semplice e squallida merce, per arrivare alla carne da cannone.
Credevamo che il lavoro interinale fosse il fondo del barile.
Dobbiamo ricrederci, il fondo è la legge 183.
Ci sono altre cosucce, come, ad esempio, una maxi sanatoria preventiva (indennizzo massimo, ripeto, massimo di 6 mensilità, non una lira di più) in caso di accertamento di lavoro subordinato coperto da un contratto di collaborazione coordinata e continuativa, ma non vi annoio.
La gravità di quanto succede è già evidente. I diritti conquistati con tanti anni di lotte, giorno dopo giorno, vanno a farsi benedire.
Il problema sta nel fatto che l’entrata in vigore della legge 183, come notizia, è relegata in un angoletto angusto.
Evidentemente non interessa a nessuno.
Cose ben più corpose accadono in Italia: Fazio che fa le bizze contro il Cda Rai sul diritto di replica, Facebook che “compra” la parola “face” e la registra all’ufficio brevetti, Romano Prodi che fa il nonno e il professore, la facciottina della Carfagna …
Spero solo di non aver disturbato, rubandogli un pò di spazio, gli eroi fatti di carta e di tubo catodico.
Ma è tempo che gli uomini e le donne della sinistra si sveglino.
Berlusconi, la sua riduzione al banale, ha contagiato anche noi che siamo diventati incapaci di cogliere i segni dei tempi e i mutamenti, a meno che qualcuno non ci faccia sopra un programma di successo.
Mario Michele Pascale – Movimento nazionale “Libertà ed Eguaglianza”