CIVITAVECCHIA – In occasione della giornata internazionale contro la violenza sulle donne, presso l’aula Calamatta del comune di Civitavecchia si è tenuto quest’oggi il convegno “La violenza non ha colore”. L’incontro, promosso con l’obbiettivo di informare ed istruire gli operatori interessati sul comportamento da attuare in casi di sospettata violenza o di disparità di genere, è stato aperto dalle parole del Vicesindaco, Daniela Lucernoni, che si è detta soddisfatta delle attività intraprese, soprattutto nelle scuole civitavecchiesi, riguardo l’argomento del giorno. Un argomento, ha ricordato Giuseppe Quintavalle direttore della Asl Rm F, di estrema importanza e delicatezza in Italia, in cui “femminicidio” è diventata una parola tristemente quotidiana.“Spero che non ci debba più essere una giornata internazionale contro la violenza sulle donne”, ha detto Quintavalle – perché che vorrebbe in breve tempo estirpare questa piaga dalla società italiana, e non solo”.
La ricorrenza di oggi nasce nel 1999, anno in cui i le Nazioni Unite hanno convocato un’assemblea per la sensibilizzazione su questo tema, già allora molto sentito. Ad oggi però i dati sono ancora allarmanti: “Il 31% delle donne fra i 16 e i 70 anni ha subito violenza fisica o sessuale – ha riferito Quintavalle – ma il 90% non l’ha denunciato”. Per questo la Regione Lazio ha istituito nel 2014 un Osservatorio Regionale. “A breve – ha aggiunto – in tutti i centri di primo soccorso ci sarà uno staff di esperti che avrà il compito di riconoscere e assistere i casi di violenza”.
Questo anche grazie all’adesione di Asl Rm F al CCM2014 “Controllo e risposta alla violenza su persone vulnerabili: La donna e il bambino, modelli d’intervento nelle reti ospedaliere e nei servizi socio-sanitari in una prospettiva europea”. Un progetto biennale del Ministero della Salute che, ha spiegato Paolo Cremonesi, responsabile nazionale del progetto, si pone l’obbiettivo di “armonizzare e valutare l’efficacia dei protocolli di: riconoscimento, accoglienza, presa in carico e accompagnamento dei casi di violenza sulla donna, in ambito relazionale, o sul bambino”. “Rapportandoci con l’estero – ha aggiunto – ci siamo resi conto che pur avendo ottimi professionisti non riusciamo a trovare una collaborazione efficiente fra le parti”. Per questo il progetto è diviso in tavoli di lavoro che sviluppano un proprio percorso a seconda del proprio settore professionale, ma che allo stesso tempo collaborano fra di loro nella lotta contro la violenza. “Questo progetto ha il peso scientifico per produrre un documento nazionale che sarà la somma di tutte le operazioni dei vari tavoli di lavoro”.
Il responsabile nazionale si è detto, inoltre, sempre più soddisfatto di questa “catena della sopravvivenza”, che ha permesso, grazie al coordinamento dei vari enti, di individuare e gestire al meglio sempre più casi di violenza sui più deboli. Insomma un convegno utile dal quale i nostri operatori hanno potuto imparare, grazie all’intervento di dottori e esperti in materia, a riconoscere e gestire nel modo più opportuno i casi di questo genere per favorirne l’eliminazione.