ROMA – “I bonus auto in Italia hanno fallito, perché sono stati dati anche per le auto con motori a combustione che devono essere abbandonate al più presto: abbiamo speso 3 miliardi di fondi pubblici in tre anni, ma abbiamo in circolazione il numero più basso di auto elettriche di tutta Europa (l’8% del mercato, contro il 20% continentale). Un fallimento anche dal punto di vista del mercato dei veicoli a combustione tradizionali: si vende, infatti, il 34% in meno di auto rispetto al 2019. Acquistiamo, dunque, meno auto e consumiamo meno carburanti (entrambi sempre più cari). Al tempo stesso, ci sono meno autobus in circolazione e utilizziamo meno i treni rispetto al 2019. Segno evidente che non stiamo sostenendo la mobilità sostenibile e pulita e nemmeno la libertà di movimento degli italiani”.
Dopo anni di proposte e richieste per ricondurre l’Italia nel solco degli esempi positivi europei, le associazioni Legambiente, WWF Italia, Greenpeace Italia, Kyoto Club, Cittadini per l’aria, con il supporto e il coordinamento di Transport & Environment, hanno deciso di ricorrere al TAR contro il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 6 aprile 2022, che ha stabilito il “Riconoscimento degli incentivi per l’acquisto di veicoli non inquinanti” per gli anni 2022, 2023 e 2024.
“Dal 2020 – si legge in un comunicato congiunto delle sigle ambientaliste – dopo lo scoppio della pandemia, i governi che si sono succeduti hanno speso circa 2,6 miliardi di euro in bonus per l’acquisto di nuove auto, a cui vanno aggiunti altri 500 milioni circa da parte delle Regioni e di alcuni Comuni. Tutte le leggi e i decreti hanno sempre giustificato l’esborso di denaro pubblico con la motivazione di sostenere la transizione all’auto “non inquinante” e all’economia circolare. Eppure, caso unico in Europa, abbiamo impiegato la gran parte dei 3 miliardi spesi in questi tre anni per auto a combustione altamente inquinanti, con emissioni sino a 135 grammi di CO2 per km. In nessun altro Paese europeo si finanziano auto con motore a combustione interna, ad eccezione della Romania che fa comunque meglio dell’Italia, visto che gli incentivi si arrestano ai 120 grammi di CO2 per km. Inoltre, il decreto scritto dal Mise ha contribuito a rendere limitante e complicato l’accesso ai bonus per l’auto elettrica (limiti sui modelli, sui beneficiari, sui redditi e incongruenze relative al tetto massimo)”.
“Proviamo a fare un confronto con la Germania, Paese europeo altrettanto generoso nell’elargire bonus a nuove auto: anche i tedeschi hanno già speso circa 3 miliardi in incentivi, ma solo sulle auto completamente elettriche (0-20 grammi di emissioni di CO2 per km) e plug-in (21-50 grammi). I due terzi delle auto nuove sono stati acquistate dalle imprese o dalle società di noleggio o di sharing, senza indebitare le famiglie. Da noi è avvenuto il contrario. Ora, sulle strade tedesche circolano 660 mila auto elettriche e 550 mila plug-in. In Italia, invece, 150 mila elettriche e 155 mila plug-in: quattro volte di meno. Abbiamo dunque speso quanto in Germania (che conta 80 milioni di abitanti), le famiglie italiane si sono indebitate e abbiamo molto meno auto pulite rispetto a loro. Dal punto di vista economico, sociale e ambientale, è un completo un fallimento”.
“Sono altri, invece – prosegue la nota – gli investimenti pubblici necessari per promuovere la mobilità per tutti e la transizione ecologica: bonus solo per i mezzi elettrici (non solo le auto) e, soprattutto, investimenti e aiuti nella riconversione produttiva (comprese misure di economia circolare per batterie o microchip) e nell’offerta di servizi di mobilità sostenibile, elettrica, digitale, pubblica o condivisa (sharing mobility) e per la ciclabilità. Altri tipi di “ecobonus” esistono: il governo italiano ha appena aperto agli incentivi di 60 euro per gli abbonamenti ai mezzi pubblici per andare al lavoro: una misura positiva, ma lo stanziamento è limitato a soli 180 milioni. Inoltre, è necessario potenziare l’offerta. In Italia, grazie al PNRR, stiamo acquistando 3.400 bus elettrici e a metano, ma dovremmo aggiungere altri 7.000 bus elettrici all’anno per cambiare tutti quelli in circolazione, entro il 2030. Grazie al PNRR realizzeremo 11 km di nuove metropolitane, ma ne servono altri 200 per raggiungere la media europea. Servono anche nuovi 400 km di linee tranviarie e altrettanti di filovie per eguagliare l’offerta tedesca o francese”.
Le organizzazioni ambientaliste che hanno promosso il ricorso al TAR chiedono quindi al governo di mettere fine a qualsiasi incentivo all’acquisto di auto con motori a combustione, di privilegiare gli interventi a sostegno della riconversione industriale verso la mobilità elettrica e gli investimenti nelle infrastrutture di mobilità sostenibile a zero emissioni, gli unici che possono garantire sostenibilità sociale e ambientale nei tempi più brevi possibili.