CIVITAVECCHIA – Da Lucia Bartolini, dell’associazione politica ‘A Gauche, riceviamo e pubblichiamo:
“Secondo la migliore tradizione dei territori oppressi da omertà profonda, di tanto in tanto emerge un argomento che pare accentrare la generale attenzione, sviscerato con tutta la rumorosa superficialità possibile, salvo poi esaurirsi esattamente come è cominciato.
Così si scopre oggi che il porto di Civitavecchia ha una gestione priva di prospettiva, concentrata sull’autocelebrazione e condita da importanti tratti di arroganza.
In verità il provvedimento di innalzamento delle tariffe che tanto scalpore ha suscitato rasenta realmente il madornale, tanto da sembrare più partorito da chi gioca col pallottoliere che non da chi ha la responsabilità di costruire le linee dello sviluppo; ma non è certo una novità che l’ente è inchiodato ad una guida strettamente burocratica e ragionieristica, privo di ogni minimo segnale di illuminata gestione e di una efficace economia politica della portualità (che mica si inventa).
In queste ultime ore sono però numerose e decise le prese di posizione di organizzazioni di categoria, imprese, della new entry on. Droghei, del locale Partito Democratico: addirittura si parla di goccia che ha fatto traboccare il vaso, di torre d’Avorio di Molo Vespucci.
Ci fosse uno che chiede chi ce l’ha fatto questo regalo!
Perché per chi se lo fosse scordato, ci sono arrivati fino a Venezia per trovare un presidente dell’Autorità portuale che andasse bene per Civitavecchia, notoriamente terra incapace di esprimere esperti di economia del mare (manco fosse una millenaria città portuale!).
La nomina del presidente Musolino fu coronata da un generale e trasversale plauso, politico, istituzionale, del mondo industriale e delle imprese, di cui è facile ricordare titoloni del tipo: “il PD locale rema per Musolino “; Unindustria ” Musolino è la persona giusta… “; Forum PD “Continueremo ad essere al fianco di Musolino”; imprese “Musolino, l’uomo giusto nel porto giusto”.
Ma che gli avevano raccontato ai nuovi geni della portualità, che Musolino era uno bravo?
Come erano bravi i prescelti per il Comitato di Gestione, usi obbedir tacendo, su cui con buona pace sempre trasversale nessuno ha proferito parola?
Si vede che Di Majo e la Macii, usciti pure con ignominia, non erano bastati. Qualcuno ha detto che la storia si ripete sempre due volte, la prima volta come tragedia e la seconda come farsa.
Ma qui le due volte sono di gran lunga superate e siamo ben oltre la farsa: siamo al ridicolo, anche se c’è davvero poco da ridere.
Il Porto è un tempio, del Lavoro, della città, dell’economia del territorio e dell’intero paese, da curare e rispettare, non da usare come scacchiera nello squallido gioco dell’autoreferenzialità.
Un concetto da tenere presente quando anche questa bolla si sgonfierà.
Perché questa giostra rischia di avvicinarsi sempre più pericolosamente all’ultimo giro“