CIVITAVECCHIA – Alzamàn è il primo lemma che ho il piacere di pubblicare di un manuale semiserio di sopravvivenza civile nell’epoca della falsa democrazia conclamata. Un progetto al quale ho intenzione di dedicarmi a tempo sicuramente perso, ma sempre meno di quello dilapidato a giocare una partita con carte e regole truccate.
Nello specifico, si tratta di una voce “aperta”, ampiamente suscettibile di miglioramenti e approfondimenti, con particolare riferimento all’etimologia, alla pronuncia, alla diffusione storica, alla nocività e ai possibili rimedi. In tal senso sono graditi contributi, ovviamente di provenienza umana.
Alzamàn: creatura cibernetica di tipo umanoide, in tutto simile nell’aspetto alla specie “homo sapiens sapiens” replicata perfettamente in entrambi i generi (per identificare la copia del genere femminile, è invalsa, infatti, la forma “alza-wo-màn”).
Grazie alle sue straordinarie proprietà mimetiche, l’alzamàn è percepito dagli esseri umani come simile e, attraverso una capacità artificiale di persuasione, riesce quasi sempre ad ottenere una delega a rappresentarli nei consessi decisionali.
L’alzamàn è uno dei più pericolosi parassiti della specie umana ed è caratterizzato dalla funzione principale che gli consente, in maniera automatica o previa specifica programmazione, di alzare la mano a comando per assecondare, nel totale disinteresse per le conseguenze, qualsiasi proposta proveniente dal leader, anch’esso programmato in remoto ma dotato, al contrario dei suoi sottoposti, di una minima percentuale di autonomia decisionale sulle proposte da avanzare che, in ogni caso, per garantire la sopravvivenza stessa degli alzamàn, devono essere in danno della comunità umana parassitata.
Essendo nettamente secondaria, nella maggior parte delle unità alzamàn la funzione “parola” è disabilitata, mentre in altre essa viene attivata raramente e quasi esclusivamente per articolare periodi pressoché incomprensibili o per ripetere il messaggio del leader, generalmente costituito da insulti e termini volgari a corredo di solenni idiozie. In questi casi gli alzamàn simulano perfettamente una conoscenza approssimativa della lingua nazionale, con ampio ricorso al vernacolo, grazie a un’applicazione che permette di distorcere la raffinata programmazione madre che garantirebbe una proprietà di linguaggio perfetta, così pulita e lineare da generare sospetti. Nei limitati casi in cui un malfunzionamento di tale applicazione rende possibile un eloquio nella norma, si aziona comunque un sistema di sicurezza che riduce il numero di parole e accelera i tempi dell’alzata di mano.
Alessandro Manuedda – Consigliere comunale