CIVITAVECCHIA – “Il carcere è un pezzo di città. A Civitavecchia c’è ne sono ben due. Le carceri fanno parte del tessuto urbano, umano e sociale della città.
Lo sono nei termini delle persone che lavorano e prestano servizi dietro le sbarre, ma soprattutto per la sicurezza di tutta la comunità carceraria. La situazione nazionale degli istituti di detenzione è drammatica, soprattutto dal punto di vista del sovraffollamento.
Persone che commettono piccoli reati, come furti, possesso di droga o commercio di prodotti falsi, vengono punite con il carcere.
Così la popolazione carceraria è destinata inesorabilmente a salire.
Molto è stato detto sui problemi legati al reinserimento nella società di coloro che hanno espiato la pena: in molteplici casi, uscendo dal carcere, l’ex detenuto non è nelle condizioni di avere un domicilio; nessuno affitta un alloggio a chi è reduce dalla detenzione e analoga resistenza si registra nei confronti di chi può usufruire di una pena alternativa al carcere, come ad esempio gli arresti domiciliari. Altrettanto complicato il percorso di chi, dopo l’esperienza carceraria, è in cerca di un’attività lavorativa per la sopravvivenza.
Sulla scia di quello che avviene in molte carceri del Paese, quello avvenuto all’interno del carcere di Borgata Aurelia è solamente l’ultimo di aggressioni e fatti che ormai caratterizzano la vita dietro le sbarre. Già il 7 aprile scorso un agente della Polizia Penitenziaria è stato affrontato da un detenuto che lo ha colpito con pugni al volto. Un’aggressione analoga si è registrata a marzo, mentre il 2 gennaio un detenuto, che si era nascosto nel pantalone un rudimentale bastone ricavato da una sedia, aveva preso per il collo un agente e si era poi barricato in cella minacciando di dare fuoco.
Per questo un’attenzione particolare e un occhio vigile sarà sempre dedicata alle condizioni di vita nelle carceri cittadine, da cui non si distoglierà mai lo sguardo”
Valentina Di Gennaro AVS