CIVITAVECCHIA – Dal Polo Civico Civitavecchia riceviamo e pubblichiamo:
“Era prevedibile che il rigetto di Porta d’Italia da parte della massima assise cittadina non valesse ad archiaviare l’ipotesi di una nuova provincia stante il dinamismo dei comuni che la sostengono e considerato il legame che corre tra assetto istituzionale e pianificazione. E quindi, nel consiglio comunale aperto del 16 ottobre sentiremo i delegati e gli invitati dei detti comuni ribadire la necessità di realizzare una netta correzione di rotta, una sorta di rivoluzione copernicana: il trasferimento a nord della Capitale dei punti di osservazione e decisione di una serie di questioni e problemi d’area che stanno a cuore a una vasta platea di amministrati di cui peraltro Civitavecchia si percepisce un polo altamente rappresentativo.
Data la circostanza di un sì seguito da un no è naturale che la nostra città sia chiamata a dare una risposta definitiva a una proposta dotata di una portata davvero considerevole e meritevole di essere ulteriormente vagliata oltre che nella detta assemblea nelle sedi dei partiti politici e nei vari contesti economici, sociali e culturali. Mentre anche la popolazione dovrà entrare nel merito della discussione e giungere a maturare un proprio autonomo convincimento. A tal proposito ci si augura che sia questa l’occasione per riappropriarci dei profili ambientale, geografico e storico del territorio che ci riguarda, cioè il Litorale, la Maremma laziale e la Tuscia viterbese e romana. Così da riscoprire il ruolo che vi hanno svolto sin dalle età più remote e poi nel periodo preunitario le varie località, tra cui Civitavecchia e Viterbo. Nonché in un’epoca più recente Fiumicino. Cosicché il problema di riconoscere alla nostra città l’importanza che merita e di consentirle di intensificare in una cornice istuzionale favorevole i rapporti col suo naturale spazio di riferimento si vedrà coincidere con la necessità di modificare l’assetto amministrativo dell’Etruria meridionale.
E infatti, l’irragionevole condizione di accentramento traspare anche da un esame basato sui meri coefficienti numerici. Da cui è agevole dedurre che a tutt’oggi a mancare è proprio ciò di cui si avverte un maggiore bisogno, e cioè l’armonica e funzionale ripartizione della superficie e della popolazione. Si può constatare che la città metropolitana continua a gestire con affanno delle quote esagerate di territorio regionale che non sono pertinenti alla realtà romana. In particolare, l’Alto Lazio si vede sminuito, debolmente coordinato e rappresentato nella sua vocazione e specificità, nell’entità demografica ed elettorale, e poi dimezzato nella distribuzione di poteri e funzioni tra Roma e Viterbo. Per concludere, non vi è alcun dubbio che una pluralità di ragioni sostanziali renda indifferibile la rettifica dell’assetto attuale attraverso un diverso e più appropriato utilizzo dell’ente provincia”