Essere social oggi va di moda, lo siamo tutti infatti. Solo in pochi non sono caduti nella trappola della rete. E per essere bene integrati ci tocca, in fondo, essere “assoggettati” a questo nuovo modo di vivere. I nuovi nascituri sono già dentro al mondo di internet, ma soprattutto sono già vittime dei “mi piace” non appena mamma e papà postano la loro foto alla portata di tutti. Perché quello che conta è stare in linea con la moda che offre il momento, essere su facebook e omologarsi ai blog di you tube che stanno spazzando la naturalezza dei rapporti interpersonali. Ciò che fa notizia è il passaparola condiviso, e ogni nuovo argomento si apprende con un click su twitter, instagram o facebook.
Se poi ci sentiamo insicuri sui nostri rapporti di amicizia della vita reale, basta andare a spulciare su qualche profilo di un amico, virtuale e non, per vedere se anche lui ha qualche problema con la sua famiglia, se fa una vita da pantofolaio oppure dinamica. Insomma, sapere che l’altro può soffrire proprio come noi, è depresso o, possibilmente, è stato lasciato dal partner, ci rende più forti, alimenta la nostra autostima e fa di noi l’essere più normale del mondo.
Perché per vivere, oggi, abbiamo bisogno necessariamente del confronto, di sapere e vedere attraverso foto e frasi che gli altri abbiano i nostri stessi interessi, insomma: che siano umani: questo fa tendenza.
Per non parlare del fatto che se per caso qualcuno è felice, scatta la molla dell’invidia, cosi se arredare casa con un particolare tipo di pianta, comprare tisane e fare dolci per accogliere le amiche, postare foto dei viaggi che facciamo in diretta è in, diventa di primaria importanza calarsi nei panni della pecora che deve seguire il gregge per fare tendenza.
Ma siamo sicuri che tutto ciò è positivo? Questo continuo condividere, questo voler sfoggiare a tutti i costi il tipo di vita che facciamo, questo voler necessariamente essere social per stare al passo coi tempi non sta seriamente compromettendo la nostra personalità? Non è un modo diplomatico per essere spiati e, dunque, dominati inconsapevolmente?
M. Ausilia Gulino