ROMA – Più di un anno fa il Ministero dell’Ambiente ha declassato la Valle del Sacco da Sito di Interesse Nazionale a Sito di Interesse Regionale. Contro tale provvedimento, Legambiente, la Regione Lazio e altri soggetti hanno proposto ricorso al TAR, per evitare il taglio sostanziale dei fondi necessari alla bonifica di 117.084 ettari di territorio. È di oggi la notizia che il TAR del Lazio ha accolto il ricorso della Regione bocciando il declassamento. Legambiente ha portato avanti il ricorso per l’annullamento del decreto del Ministero dell’Ambiente per la parte relativa al sito della Valle del Sacco, della provincia di Frosinone, e di altri sul territorio italiano, declassati illegittimamente e senza motivazioni fondate secondo gli attivisti del cigno verde.
“Ci aspettiamo ora che lo stesso trattamento venga riservato agli siti inquinati diventati incomprensibilmente regionali – dichiara Stefano Ciafani vicepresidente nazionale di Legambiente – come il Litorale Domitio flegreo e Agro aversano, all’interno del quale c’è la Terra dei Fuochi, e l’area di Pitelli in provincia di La Spezia, su cui abbiamo fatto ricorso, perché si tratta di vicende di inquinamento troppo rilevante per poter essere trattate come di interesse locale.”
“Questa sentenza è un enorme passo avanti per la riqualificazione della Valle del Sacco, un territorio maltrattato da decenni di scelte sciagurate che aveva rischiato l’ennesima beffa con il declassamento, – dichiara Roberto Scacchi direttore di Legambiente Lazio – era stato infatti un tratto di penna scellerato a decidere che un futuro migliore per la valle, era ancor più lontano a divenire. La sentenza, che riporta l’area a Sito di Interesse Nazionale, in sostanza restituisce fondi per la bonifica della valle; si affronti adesso, con un nuovo inizio, l’emergenza ambientale e sanitaria che ha colpito il fiume Sacco e le splendide terre che lo circondano.”
L’emergenza ambientale e sanitaria, ha procurato gravi effetti sull’organismo umano a livello oncologico, endocrinologico, neurologico, metabolico e sulla riproduzione dovuti agli elevati livelli di beta-esaclorocicloesano nel sangue, riconducibili all’esposizione ai residui della produzione del lindano nella Valle del Sacco, per cui l’Istituto Superiore di Sanità ha già raccomandato un follow-up.
“Accogliamo con gioia una sentenza giusta, lo stop al declassamento è una vittoria dei cittadini della Valle del Sacco, delle Associazioni e di tutte quelle forze che in questi mesi hanno sostenuto i ricorsi della Regione Lazio, – commenta Francesco Raffa, coordinatore di Legambiente nella Provincia di Frosinone -. L’emergenza ha radici profonde nella storia stessa di questo territorio, adesso, si apra la fase che porti ad futuro chiaro e condiviso, con scelte che non passino mai più al di sopra del volere dei cittadini e dalla bonifica di ognuno degli ettari inquinati della valle; al contrario del passato, si metta ora al centro di ogni azione politica, il diritto a vivere in ambienti sani senza rischi per la salute.”
I 52 Comuni nel sito “Bacino del Fiume Sacco”, individuato quale sito di interesse nazionale nel 2005, tra provincia di Roma e Frosinone, sono coinvolti dalla contaminazione dei complessi industriali dell’area. Gli agenti chimici rilasciati negli anni lungo il fiume e nei dintorni, hanno provocato un forte inquinamento che ha colpito i lavoratori e tutti gli abitanti della zona. Le acque del fiume Sacco hanno irrigato i campi adiacenti e abbeverato bestiame con conseguente trasferimento della contaminazione nel ciclo alimentare ed evidenti danni per la salute e l’economia del luogo. Un disastro che ha colpito la valle, sul quale è attualmente pendente presso il Tribunale di Velletri un processo penale nel quale si procede proprio per “disastro colposo ambientale” e in cui Legambiente è costituita parte civile.
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