CIVITAVECCHIA – Dal Dottor Giovanni Ghirga riceviamo e pubblichiamo:
“La perdita dell’olfatto: cosa sappiamo circa un anno dopo l’inizio della pandemia da Coronavirus-19.
All’inizio della pandemia è emerso che molte persone infettate dal virus SARS-CoV-2 stavano perdendo il senso dell’olfatto, anche senza mostrare altri sintomi. Le persone infette potevano anche perdere il senso del gusto e la capacità di rilevare sensazioni come il piccante, chiamate chemestesi.
Quasi un anno dopo, alcuni pazienti non hanno ancora recuperato questi sensi e, per una parte delle persone che le hanno recuperate, gli odori sono deformati: i profumi sgradevoli hanno preso il posto di quelli normalmente gradevoli.
La percentuale esatta delle persone affette da COVID-19 che perde l’olfatto varia tra gli studi, tuttavia, la maggior parte suggerisce che la perdita dell’olfatto è un sintomo comune. Una revisione, pubblicata lo scorso giugno, ha raccolto i dati di 8.438 persone con la COVID-19 e ha rilevato che il 41% aveva riferito di aver subito una perdita dell’olfatto. In un altro studio, pubblicato in agosto, un team guidato dalla ricercatrice Shima T. Moein, Institute for Research in Fundamental Sciences di Teheran, ha somministrato un test di identificazione dell’olfatto a 100 persone con la COVID-19. Il 96% dei partecipanti aveva qualche disfunzione olfattiva e il 18% aveva una perdita totale dell’olfatto.
Spesso questi pazienti dicono di aver perso improvvisamente la capacità di sentire gli odori e la disfunzione olfattiva è frequentemente l’unico sintomo della COVID-19, suggerendo che il fenomeno è separato dalla congestione nasale indotta dal virus.
Uno studio pubblicato lo scorso ottobre ha rilevato che i cambiamenti dell’olfatto o del gusto auto-segnalati erano un indicatore migliore della diffusione dell’infezione rispetto ad altri indicatori monitorati.
Sebbene i meccanismi non siano completamente compresi, esiste un consenso emergente sul fatto che la perdita dell’odore si verifica quando il coronavirus infetta le cellule che supportano i neuroni dell’epitelio olfattivo.
Quando i ricercatori hanno identificato per la prima volta la perdita dell’olfatto come un sintomo della COVID-19, erano preoccupati che il virus stesse infettando i neuroni dell’epitelio olfattivo e potesse accedere, successivamente, al cervello. Tuttavia, studi recenti post mortem, su persone che avevano avuto la COVID-19, hanno dimostrato che il virus raggiunge raramente il cervello.
Un team guidato da Sandeep Robert Datta, neurobiologo presso la Harvard Medical School di Boston, Massachusetts, ha invece scoperto che le cellule che supportano i neuroni sensoriali dell’epitelio olfattivo, note come cellule sustentacolari, sono probabilmente ciò che il virus sta infettando.
Datta e i suoi colleghi si sono concentrati sulle cellule sustentacolari perché il SARS-CoV-2 attacca mirando al recettore ACE2 sulla superficie delle cellule e le cellule sustentacolari hanno molti di questi recettori. I neuroni sensoriali olfattivi no.
Ciò suggerisce che il coronavirus infetta le cellule di supporto, lasciando i neuroni vulnerabili e privi di sostanze nutritive.
Potrebbero, comunque, esserci altri modi in cui la COVID-19 induce la perdita dell’olfatto. Ad esempio, un gruppo di ricerca in Italia ha dimostrato che la perdita di odore e gusto si verifica contemporaneamente all’aumento dei livelli ematici di interleuchina 6. Uno studio post mortem, pubblicato lo scorso dicembre, ha mostrato chiari segni di infiammazione associati ad un aumento della permeabilità dei vasi sanguigni a livello dei bulbi olfattivi delle persone che avevano avuto la COVID-19.
Sebbene gli studiosi abbiano una certa comprensione dei meccanismi coinvolti nell’olfatto, purtroppo ancora non é noto come il coronavirus influenzi il gusto e la chemestesi. Il gusto e la chemestesi sono sensi distinti dall’olfatto, anche se tutti e tre si combinano per dare il “sapore” ad un cibo o una bevanda.
Il gusto si basa principalmente sui recettori del gusto sulla lingua, mentre la chemestesi si basa sui canali ionici dei nervi sensoriali, tra gli altri meccanismi, e la loro risposta alla COVID-19 non è stata studiata a sufficienza.
Per la maggior parte delle persone, l’olfatto, il gusto e la chemestesi guariscono in poche settimane. In uno studio pubblicato l’8 luglio scorso, il 72% delle persone con la COVID-19 che aveva una disfunzione olfattiva, ha riferito di aver recuperato l’olfatto dopo un mese, così come l’84% delle persone con disfunzione del gusto. Un altro studio effettuato al Guy’s and St Thomas’ Hospital di Londra, ha confermato un rapido ritorno dei sensi nel 49 % di 202 pazienti dopo un mese e un miglioramento nel 41 %.
Purtroppo per altre persone il miglioramento é lento nel tempo e, quando riacquistano l’olfatto, gli odori spesso si registrano come spiacevoli e diversi da come li ricordavano, un fenomeno chiamato parosmia. Per mesi tutto sembra avere un odore rancido. Altri pazienti rimangono completamente anosmici per mesi e non è chiaro se la causa sia la morte dei neuroni sensoriali olfattivi.
Un’opzione per cercare di accelerare il ritorno dell’olfatto è l’allenamento agli odori annusandoli regolarmente. Purtroppo, non sembra funzionare per tutti.
Per le persone nelle prime fasi dell’infezione da COVID-19, quando la perdita dell’olfatto potrebbe essere in gran parte dovuta all’infiammazione delle cellule del naso, gli steroidi “potrebbero” essere utili, secondo uno studio preliminare condotto dal team di Hopkins.
M. Marshall. COVID’s toll on smell and taste: what scientists do and don’t know. Nature. 14 JANUARY 2021. doi: https://doi.org/10.1038/d41586-021-00055-6
https://www.nature.com/articles/d41586-021-00055-6…
PS. “Un paziente, un mio amico, affetto da iniziale demenza frontotemporale e asintomatico, si arrabbiò per aver ricevuto del “liquido rosso, insapore” al posto del vino. L’ageusia era poi associata ad anosmia ed il tampone risultò positivo per il covid”.
Dottor Giovanni Ghirga