CIVITAVECCHIA – La speranza viva, da parte delle imprese del commercio, del turismo e dei servizi, è che termini la politica basata sulle emergenze e finalmente si avvii una politica fatta di strategie e non sui continui allarmi o di stretta contingenza: abbiamo bisogno di un’amministrazione che diriga sulla base di una visione a lungo termine e non si limiti a gestire – come nel passato – una semplice sopravvivenza scandita dalle impellenze quotidiane (immondizia, traffico, abusivismo, acqua etc).
Quindi programmi seri e pensieri lunghi, non brevi, come diceva un grandissimo politico, ormai scomparso; pensieri lunghi e regole chiare, in particolare per un settore, quello del terziario, che è sempre stato reputato residuale, rispetto ad altri settori in molti casi bolliti o andati.
Esiste infatti nella politica locale,tutta, una forma di ignoranza, in senso latino, oltre a una forma di perverso e incomprensibile snobismo, verso il settore del commercio e del turismo; incomprensibile se si guardano i dati Istat a livello locale: le aziende del terziario rappresentano circa il 70% delle imprese e partecipano in maniera preponderante al prodotto interno lordo della città: un settore a tutti gli effetti portante per l’economia cittadina, sul quale appunto si dovrebbe ragionare non per emergenze, ma in modo sistematico, senza navigazioni a vista. Ad oggi così è sempre stato nelle passate amministrazioni.
Se alcuni servizi pubblici costano più dello standard perché le imprese che li erogano sono inquinate da clientele, cattiva amministrazione e assistenzialismo, i costi ricadono su comunità e imprese private, già in sofferenza per un carico fiscale assurdo.
Se poi scelte di vertici tecnici sono state fatte con una logica non basata sul merito ma clientelare, è inevitabile avere una classe dirigente mediocre, non preoccupata delle imprese o delle istituzioni, ma semplicemente di preservare se stessa.
Se all’interno di queste si trovano parenti e amici, forse sarebbe il caso di denunciare casi di familismo tipici di questa città: il dire e non dire, il non fare nomi ma insinuare dubbi dovrebbe far parte di un bagaglio culturale e politico passato. Una politica di trasparenza ad intermittenza (limitata ad esempio solo al porto) e solo per alcune istituzioni non è sicuramente sinonimo di civiltà.
Le imprese del terziario hanno invece un disperato bisogno di risposte in termini di governo di strategia, di riforme, di meritocrazia, di una logica di competenza e responsabilità; in pratica di fatti e non parole, né tantomeno di liti ossessive o di scandali che sembrano impedire alla politica di occuparsi dei problemi della gente e delle imprese.
Merito, strategia, dialogo: su questi temi Lei avrà il nostro impegno e quello delle aziende che rappresentiamo e che in questa città continuano a creare lavoro occupazione benessere, pur essendo spesso vittime di politiche sbagliate e di scarsa attenzione.
Tullio nunzi – Direttore Confcommercio imprese per l’Italia Roma