CIVITAVECCHIA – Purtroppo dobbiamo constatare che il sindaco e molti consiglieri sia di maggioranza che di opposizione non intendono o non vogliono intendere ancora che l’acqua pubblica non è in loro disponibilità per decisioni che annullino gli effetti del referendum: il pronunciamento chiaro e diretto dei cittadini del 12 e 13 giugno 2011 sancisce ufficialmente la volontà popolare, che non è interpretabile a piacere né tantomeno modificabile a convenienza.
Non ci dovrebbero essere dubbi in proposito per un’amministrazione che si definisce democratica, rispettosa della legalità e dei programmi su cui ha ottenuto i consensi elettorali.
Invece si insiste a perseguire la via della privatizzazione e il trasferimento del servizio idrico ad Acea.
Si capisce dunque perché l’amministrazione non abbia ancora provveduto a presentare il ricorso al Consiglio di stato contro la decisione del Tar. Il ricorso, con richiesta di sospensiva, sarebbe sostenuto da valide motivazioni come quelle addotte dal Forum per l’acqua pubblica che chiede la revoca della convenzione regionale per il controverso affidamento della gestione di Ato2 ad Acea.
Ricordiamo inoltre che il 27 settembre scorso è stata depositata alla Corte d’appello di Roma la richiesta di referendum propositivo regionale da parte di ventuno Comuni laziali affinché sia approvata una legge per la gestione dell’acqua in modo diretto e pubblico.
Proposta di legge che si contrappone a quanto previsto dalla giunta Polverini secondo cui entro il 31 dicembre 2012 dovrebbe essere istituito un unico ambito territoriale costituito dall’intero territorio regionale. Un disegno quest’ultimo che sarebbe funzionale alle logiche di privatizzazione tramite la costituzione di una holding cui affidare tutti in servizi pubblici di rilevanza economica.
Se attuato questo piano comprimerebbe ancora di più l’autonomia politica e amministrativa degli enti locali, rendendo i cittadini sempre più distanti dalle sedi decisionali e di controllo.
Proprio in questa fase in cui si ridefiniscono i ruoli dei comuni nelle nuove province e città metropolitana con poteri e competenze sempre più soggetti e limitati dai condizionamenti dei processi di privatizzazione e finanziarizzazione è necessario più che mai che il comune difenda con forza la propria autonomia e assuma scelte a tutela dei servizi pubblici locali.
Privatizzare l’acqua coll’intento di sbarazzarsi di un settore che pesa oggi negativamente sui conti del comune assumerebbe il significato di un fallimento politico e di incapacità a corrispondere direttamente alla domanda di necessità primarie per i cittadini
Occorrerebbe avere il coraggio di non mentire ai cittadini sulle conseguenze della vendita del servizio idrico per rimettere in sesto le casse comunali. Le entrate ottenute dalla vendita saranno infatti versate da tutti noi cittadini/utenti/lavoratori coll’aumento delle bollette, il peggioramento della qualità del servizio, i distacchi illegali, la riduzione degli organici, come la realtà di molti comuni dimostra.
Siamo consapevoli della gravità dei problemi causati dallo stato di abbandono e dissesto in cui oggi versa l’intero settore idrico, della necessità di una gestione non deficitaria ma efficiente, delle richieste della popolazione per un’acqua pulita e sana, non contaminata da alluminio né arsenico, ma sappiamo che non può essere la gestione privatistica a risolvere i nostri problemi che hanno origine nella annosa malagestione e nella malapolitica.
Chiediamo perciò all’amministrazione di non fare scelte avventate e contrarie alla volontà popolare. Siamo pronti a confrontarci e presentare proposte concrete, realizzabili a dimostrazione che è possibile mantenere la gestione del servizio idrico integrato in forma pubblica, diretta e partecipata.
Dimostreremo così che è possibile risanare, gestire e far funzionare regolarmente l’intero settore, ripristinare l’efficienza e riportare il pareggio di bilancio in tempi ragionevoli, fornire senza sprechi acqua sana alla popolazione, motivare e i dipendenti e valorizzare le loro potenzialità, far pagare la giusta tariffa a tutti, grandi e piccole utenze, far partecipare alle decisioni e ai controlli di gestione gli utenti e i lavoratori, salvaguardare le fonti, collaborare con i comuni del bacino per rinaturalizzare il Mignone e tutelare tutte le fonti, eliminare gli inquinamenti, reperire gli investimenti necessari per le manutenzioni, le opere e i lavori straordinari come Monte Uggiano e l’impianto di dearsenificazione.
Non esistono ragioni per preferire la cessione ai privati: l’amministrazione deve uscire dall’ambiguità e operare con decisione per l’acqua pubblica, perché l’acqua non è la merce con cui farci pagare il debito e ipotecare il nostro futuro.
Comitato per l’acqua pubblica Civitavecchia